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PALIĆ 2018

Recensione: Year of the Monkey

di 

- Vladimir Blaževski propone un film fondamentalmente umanista, toccante e colorato, sulle avventure di uno scimpanzé in fuga e i suoi amici attraverso la Macedonia

Recensione: Year of the Monkey

Il Festival del cinema europeo di Palic ha presentato ieri sera, all’aperto e in concorso, il quarto lungometraggio di finzione del regista macedone Vladimir Blaževski (dopo i primi due film jugoslavi, si è dedicato alla televisione, la pubblicità e l’insegnamento prima di tornare al cinema di finzione nel 2011 con Punk's Not Dead, premiato a Karlovy Vary e a Sofia). Si sente dietro Year of the Monkey [+leggi anche:
trailer
intervista: Vladimir Blazevski
scheda film
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, descritto come una satira politica "soft", uno sguardo sicuro e benevolo, ben tradotto da una fotografia vivace, piena di umorismo e gentilezza nella scelta delle inquadrature mentre, tra scene folli e sequenze anarchiche meticolosamente orchestrate (immediatamente riconoscibili come provenienti da questa regione dei Balcani), seguiamo il viaggio di un gruppo di outsider attraverso la Macedonia.

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All'inizio del film, il personaggio (umano) centrale Cobe (Igor Angelov, un carisma caldo e una presenza solida che lo colloca tra Clooney e Bardem) è un dipendente dello zoo incaricato di occuparsi esclusivamente di Coco lo scimpanzè (un attore in costume che dosa perfettamente i suoi gesti per essere tanto credibile quanto esilarante). Così come dà da mangiare alla nonna novantenne Vilma (Marija Kohn), una donna stravagante che non usa mezzi termini, e la distrae con piccoli giocattoli per farla addormentare, non si accontenta di nutrire e lavare la sua scimmia, ma le legge anche i testi di Darwin per farle prendere sonno. Quando Cobe viene improvvisamente licenziato dallo zoo per motivi economici, Coco, che non tollera la perdita del suo amico, inizia a seminare discordia. Un complice aiuta quindi il primate a fuggire, e lì inizia, al ritmo delle buffonate dell'animale, una fuga disordinata che fa scalpore in televisione e diventa un evento di portata nazionale, che assume anche un significato politico. Mentre una novella reporter cerca di fare uno scoop su Coco, ribattezzato Robin Hood di Macedonia, la minoranza albanese reclama la scimmia. Così, tra fughe e inseguimenti, secondo la logica del cieco che guida il cieco, solchiamo la campagna nel minivan giallo dello zoo con Cobe, la sua nonna eccentrica, due amici fannulloni, la giornalista paffuta, un bambino muto e calvo e una capra che Coco ha fornito di occhiali da pilota, su una pimpante musica da circo con accenti folk.

Dal momento in cui l'avventura diventa itinerante, il film tende a disperdersi, mentre avremmo voluto continuare a esplorare i motivi iniziali, così meravigliosamente intrecciati da Blazevsky: un certo livellamento tra gli esseri viventi, uomini o bestie, giovani e vecchi, l’assenza di giudizio, la lealtà, l'idea di prendersi cura gli uni degli altri e di poter essere felici fin tanto che questi valori prevalgono su qualsiasi gerarchia o appropriazione... La menzione di Daesh e la processione dei rifugiati siriani non aggiungono molto a un proposito umanista che è chiaro fin dall'inizio, nella sua universalità che trascende il folclore, ma al di là della sua fattura, della performance formidabile dei suoi attori e delle sue immagini radiose e colorate, Year of the Monkey è semplicemente un film troppo simpatico per non essere caldamente raccomandato.

Year of the Monkey, invitato come progetto a Les Arcs, a Connecting Cottbus e al Gap-Financing Market di Venezia, è prodotto da Darko Popov per Punk Film Production (Macedonia), in coproduzione con Kiselo Dete (Serbia), Ikone Studio (Kosovo) e Strup Produkcija (Slovenia), con il sostegno di Eurimages e del SEE Cinema Network.

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(Tradotto dal francese)

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