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VENEZIA 2018 Giornate degli Autori

Recensione: Domingo

di 

- VENEZIA 2018: Fellipe Barbosa e Clara Linhart co-dirigono un affresco corale e ironico su una famiglia brasiliana il giorno dell’elezione del presidente Lula, in concorso alle Giornate

Recensione: Domingo
Camila Morgado ed Ismael Caneppele in Domingo

Un affresco corale che parla di un momento importante della storia del paese attraverso una vivace riunione di famiglia. Si chiama Domingo [+leggi anche:
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intervista: Clara Linhart, Fellipe Bar…
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il film che il duo di registi brasiliani Fellipe Barbosa (premiato a Cannes per Gabriel and the Mountain [+leggi anche:
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) e Clara Linhart (al suo primo lungometraggio di finzione) hanno presentato alle 15me Giornate degli Autori di Venezia  ma si svolge di sabato. Un sabato che sembra domenica, di ozio, attesa, sospensione: il giorno in cui Lula viene eletto presidente del Brasile e la vecchia oligarchia comincia a temere di veder sfumare la propria ricchezza e i propri privilegi. 

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Qui la più preoccupata è Laura (Itala Nandi), la matriarca snob e altezzosa. E’ il primo gennaio 2003 e questa famiglia allargata di proprietari terrieri si riunisce nella vecchia e decadente dimora in campagna – abitata da uno dei figli di Laura, Nestor (Augusto Madeira) con la sua sciroccata seconda moglie Bete (Camila Morgado) – per brindare al capodanno e al quindicesimo compleanno dell’adorata nipote Valentina (Manu Morelli). Dopo l’arrivo di Laura con l’altro suo figlio Miguel (Ismael Caneppele) nella casa, dove ad attenderli ci sono anche Eliana (Martha Nowill), incinta al nono mese e sull’orlo di una crisi di nervi, con il marito Eduardo (Michael Wahrmann), oltre ai tanti nipoti di Laura, lo spettatore viene trascinato per i successivi 90 minuti in una girandola di chiacchiere, brindisi, litigi, risate e anche molto sesso (più di quanto ci si aspetti durante una riunione familiare), tra il giardino dove è allestito il barbecue, la cucina dove la domestica Ines (Silvana Silvia) è costretta a respingere i continui assalti degli adolescenti della casa alla sua bella figlia Rita (Maria Victoria Valencia), e le stanze dove ci si nasconde per tirare di cocaina, guardare filmati hard o giocare a travestire da donna bambini inconsapevoli.

Il film è composto da vari piani sequenza: talvolta la camera rimane fissa e riprende le azioni davanti a sé (in particolare nelle scene in giardino), altre volte segue i personaggi nei loro spostamenti, anche concitati, all’interno della casa, e non c’è un momento di sosta né il minimo tempo per annoiarsi, viste tutte le dinamiche messe in campo tra i vari personaggi, tra passioni, tradimenti, gelosie, rivalità, divergenze politiche e lotte di classe, e ancora, il blackout, le doglie di un parto e incidenti vari. Di sottofondo, televisione e radio rimandano le parole di Luiz Inácio Lula da Silva, il presidente metalmeccanico: il discorso del suo insediamento, i progetti di cambiamento e di rivalsa delle classi più povere. C’è chi festeggia la sua elezione e chi non ne vuole proprio sapere, chi vede aprirsi un nuovo futuro davanti a sé e chi vede la fine di tutto.

La sceneggiatura è stata scritta nel lontano 2005 (da Lucas Paraizo, già co-autore di Gabriel and the Mountain) e portare sullo schermo questa storia dopo così tanti anni, con il senno di poi, ha la sua efficacia, alla luce del fatto che molte di quelle incertezze si sono poi rivelate infondate (le classi agiate non sono state di fatto danneggiate) e delle vicende giudiziarie che hanno successivamente coinvolto Lula, incriminato per corruzione: un film che sa cogliere con molta ironia lo spirito di un momento di transizione, e che con grande cinismo ritrae le disparità sociali e il classismo, ben radicato anche nelle generazioni più giovani.

Domingo è una produzione franco-brasiliana di Damned Films e Gamarosa Filmes, in coproduzione con ARTE France Cinéma, Globo Filmes e Canal Brasil. Le vendite internazionali sono affidate a Films Boutique.

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