email print share on Facebook share on Twitter share on LinkedIn share on reddit pin on Pinterest

CANNES 2023 Quinzaine des Cinéastes

Recensione: Un prince

di 

- CANNES 2023: Il singolarissimo Pierre Creton impone il suo stile tanto aspro quanto sottile, mescolando il diario con la poesia, l'autobiografia, il romanzesco e persino il fantastico

Recensione: Un prince

Pazienza, osservazione diretta di paesaggi e persone, identità segreta, penetrazione di qualcosa di invisibile: il cinema di Pierre Creton emana una sensibilità unica, ispirata e opaca, plasmata dalla sua vita di regista bracciante agricolo e giardiniere. Il cineasta francese ha fatto di questo ecosistema nel cuore del paese di Caux, in Normandia, il centro e l'anima del suo lavoro fin dai suoi esordi, realizzando film in cui finzione romanzesca e crudo realismo documentaristico interagiscono fra loro. Ne risulta un talento unico che non era sfuggito all'attenzione dei circoli cinefili più esigenti, ma che non aveva ancora mai avuto visibilità in un grande festival internazionale. Ce l’ha ora, finalmente, grazie al suo quinto lungometraggio, Un prince [+leggi anche:
intervista: Pierre Creton
scheda film
]
, presentato alla Quinzaine des Cinéastes del 76° Festival di Cannes.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)
Hot docs EFP inside

Una cazzuola e poi mani che si tuffano nel terreno. Una delle immagini di apertura del film dà subito il tono: questo film scaverà, coglierà l'essenza stessa della natura e tenterà di ricreare una foresta primitiva popolata di incontri rivoluzionari per il sedicenne Pierre-Joseph (Antoine Pirotte), che il padre armaiolo (e cacciatore) e la madre tassidermista (e alcolista piena di romanticismo) hanno trasformato in un introverso cronico ("solo i cani potrebbero trasformarmi in un essere umano"). Apprendista giardiniere, il nostro giovane protagonista si emancipa lentamente dal suo passato oneroso ed evolve nel corso dei suoi incontri con Françoise Brown, la direttrice della scuola di formazione (Manon Schaap), il professore di botanica Alberto (Vincent Barré) e il suo capo al vivaio Adriano (Pierre Barray). È un viaggio iniziatico a cui partecipano droghe, amanti, trasgressione, composizioni floreali, serre, un padiglione di caccia riciclato in casa, un viaggio sull'Himalaya, l'apicoltore Moïse, rose e rovi, e, al termine della notte (e forse del suo inconscio), l'indiano Kutta (Shiman Dangi), il figlio adottivo di Françoise Brown, nuovo proprietario della tenuta devastata di Valmont, in piena foresta...

Accompagnato dalle voci fuori campo di Mathieu Amalric, Grégory Gadebois e Françoise Lebrun, Un prince si dispiega e prende lentamente forma su due livelli (le disavventure di una vita vissute dal protagonista e quelle più discrete e invisibili dell'indiano adottato). A volte molto frontale e nutrito da inquadrature fisse di una ruvida umanità (interrotte da una manciata di fotogrammi mozzafiato), il film racconta molto, in modo frammentario, di un tipo di umanità in cui abbonda la violenza sorda e dove l'amore fisico e il lavoro manuale fungono da piante officinali e portafortuna. Ma la stranezza non è mai lontana... Perché, come ci viene detto, "bisogna capire che la strada ti può portare a casa, ma anche lontano da tutte le case".

Un prince è prodotto e venduto all’estero da Andolfi.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

(Tradotto dal francese)

Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere altri articoli direttamente nella tua casella di posta.

Privacy Policy