email print share on Facebook share on Twitter share on LinkedIn share on reddit pin on Pinterest

FILM / RECENSIONI

Articoli

di 

- Era ovvio che il film dedicato agli ultimi giorni di Hitler, mentre la Germania era distrutta e bombardata, ed i campi di concentramento continuavano a funzionare, avrebbe ricevuto molte attenzioni

Era ovvio che il film dedicato agli ultimi giorni di Hitler, mentre la Germania era distrutta e bombardata, ed i campi di concentramento continuavano a funzionare a pieno ritmo, avrebbe ricevuto molte attenzioni. Attenzioni dovute sia al bisogno di riflettere sulla nostra storia, sia al bisogno di capire come è stato possibile, per una intera nazione, essere ammaliati dalla follia nazista.
E per cercare di capire, per rappresentare l’irrapresentabile, Oliver Hirschbiegel si chiude nel bunker dove Hitler, appunto, passò gli ultimi giorni della sua vita e, basandosi sui libri dello storico tedesco Joachim Fest, lo segue con piglio documentaristico, prestando attenzione a mostrare il lato umano del dittatore: il tremito derivato dal Parkinson, la straordinaria interpretazione di Bruno Ganz, i baffetti, l’amore per il cane, la deferenza ed il rispetto anche da parte di chi sapeva tutto assieme al candore di chi, probabilmente, non sapeva dei campi di concentramento, ma che qualcosa avrebbe dovuto immaginare dei deliri antisemiti, dei roghi dei libri, delle decapitazioni delle varie Sophie Scholl, di che cosa fosse l’ideologia nazista e la guerra. Un diario intimo, insomma o, come ha detto il quotidiano tedesco Die Zeit, "una sorta di "grande fratello", con molto da vedere e pochi contenuti".

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)
Hot docs EFP inside

Tanti su questo film hanno scritto: Wim Wenders, per esempio, che l'ha accusato di rendere inoffensivo Hitler. O Ian Buruma per il quale (seguendo più le proprie speranze che le immagini della pellicola), tema del film non è il Führer ma "la capacità di un popolo di adorare e obbedire ai capricci di un idolo, malgrado la sua abiezione".
Che Hitler fosse prima di tutto un uomo, che dovesse mangiare, bere, morire come tutti noi, ci sembra abbastanza chiaro. Ma che le sue idee fossero folli (e non solo quelle sull’antisemitismo) sembra che a Hirschbiegel importi poco. Ha detto il presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Amos Luzzatto: «Molti sembrano preoccupati del fatto che "vedere" Hitler come un uomo normale possa generare empatia nei suoi confronti. Personalmente ci credo poco, ma credo altrettanto poco alla possibilità che si possa riassumere in una sola figura una storia collettiva ampia e complessa (...) Per Hitler credo si debba parlare piuttosto del prodotto di una situazione storica, dello sviluppo di una determinata cultura caratterizzata dalla violenza e dalla sopraffazione».
Non si può, cioè, pensare che una nazione abbia seguito un uomo per il solo suo carisma, non si può non pensare che quelle idee avessero come unica sola conseguenza, il delirio dittatoriale e la guerra. Di questo, nel film, non c’è traccia, trattandosi di un racconto che, senza pregiudizi, guarda un uomo e non una idea, che riduce Hitler ad unico "autore del pensiero tedesco dell’epoca". E la messa in scena della strage dei bambini perpetrata dalla moglie di Goebbels, va intesa proprio in questo senso: se Hitler muore, i suoi figli vivranno in un mondo non più nazional socialista, ossia, se muoiono gli uomini, muoiono le idee.

Hirschbiegel (e con lui Fest) sembrano raccontarci, con questo film, più che gli ultimi giorni di Hitler, gli ultimi giorni del nazismo (mentre del popolo non c’è traccia). Ma se Hitler era uomo, erano uomini pure i tedeschi che lo seguivano ed accendevano i camini dei forni, e se erano anche loro uomini, non si può pensare che hanno cambiato idea solo per la morte del loro leader indiscusso.
La caduta (campione di incassi in Germania e candidato all’Oscar), è un viaggio negli inferi, che intraprendiamo accompagnati da Traudl Junge, la giovane segretaria che è stata affianco al Führer fino alla fine. Ed è una sua intervista che chiude il film, tratta da Im toten Winkel realizzato nel 2002 e, per ironia della sorte, proiettato per la prima volta durante la Berlinale lo stesso giorno in cui la Junge morì. In questa intervista, tra l’altro, la Junge diceva: "Hitler mi ripeteva ossessivamente "Frau Junge, non indugi e faccia ciò che le chiedo. Prendo su di me ogni responsabilità delle azioni sue e del popolo tedesco". Ed è questo il problema. Quali sono le responsabilità dell’uomo, quali sono le responsabilità delle idee?
A questa domanda Hirschbiegel non dà una risposta (così come non l’ha data Rothemund ed il suo film su Sophie Scholl), e probabilmente non è questo cinema diaristico e senza pregiudizi che può essere in grado di darla.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere altri articoli direttamente nella tua casella di posta.

Privacy Policy