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Bunker Paradise

di 

- Estratto del diario tenuto durante le riprese su Internet

03-01-2005 [3 - Un film] - [ @ 01:19:06 ]

Un film. Una specie di ruminazione continua del mondo che ci circonda, che improvvisamente si concentra e precipita su qualche immagine, dalla quale, in seguito, si comprende la storia. In King Kong Paradis, si tratta di immagini che aprono e che chiudono il film.

05-01-2005 [5 - Perché?] - [@ 17:56:35]

Molto spesso, quasi sempre, mi si chiede del Giappone.
"Perché il Giappone ? Perché questo ragazzo ? Perché queste immagini ?" (Certi invece lo comprendono subito. "Comprendere" nel senso di prendere con, con il resto, come un tutto unico, chiaramente indivisibile)

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Avevo segnato questo in un'intervista di Bruno Dumont (La vie de Jésus, L'Humanité) :
"Filmo degli enigmi di modo da lasciare lo spettatore padrone unico della propria interpretazione; si tratta di risolverli, e non sarebbe interessante che lo faccia io in sua vece."
[...]
Altra citazione nella stessa intervista:
"I miei film sono fondamentalmente benefici. Poiché permettono di affrontare il male. Presento il male così com'è. E' una prova che lo spettatore deve affrontare."

08-01-2005 [8 - Citazione] - [ @ 00:33:33 ]

"La perversione diviene una prassi sociale. La perversione nella sua connotazione clinica, fondata su un'economia della libido assai particolare. E' al giorno d'oggi al principio delle relazioni sociali, attraverso il modo di servirsi del compagno come di un oggetto che si getta via nel momento che lo si reputa insufficiente. Inevitabilmente, la società comincerà a trattare i propri membri allo stesso modo, e non solamente nel contesto dei rapporti di lavoro ma in tutte le circostanze."Charles Melman [psicanalista e scrittore francese]

25-01-2005 [10 - Miracolo - seguito] - [ @ 15:38:25 ]

Mi riviene costantemente in mente la scena miracolosa di David (Bouli [Lanners]) che impugna una spada e rompe tutto ciò che trova nella stanza. Un piano sequenza, perfetto. JP [Jean-Paul De Zaeytijd] lo filma, lo segue, esattamente là dove deve essere. Maestria zen.

10-01-2005 [Fine delle riprese al « Bunker ».] - [ @ 11:10:20 ]

Si chiudono le scatole. Si smonta la scenografia. Mentre stiamo ancora girando una scena al cancello dell'entrata, vediamo passare (tra le riprese) i canapé, le lampade, le sedie e le mille cose che hanno dato vita al microcosmo di John D., questo piccolo mondo che non avrà mai un'esistenza reale. Solo le immagini lo conoscono e lo conservano. Strano sentimento: durante tutti questi giorni qui si è svolta una storia che non ha mai avuto luogo.
La forza del simulacro. E' quello che mi colpisce (stupidamente) tutte le volte che guardo i giornalieri, in generale, basta uno scampolo di stanza perché il cervello ricrei tutta la casa. Come a partire da una matrice. L'immaginazione è terrorizzata dal vuoto.
(Se sfondo una porta aperta, fatevi da parte per lasciarmi passare. Rischio di sfondarne altre, sono in piena forma.)
Il "Bunker" ridiventa una casa. Un corpo di pietra. Nostalgia, già. Non del bunker. Piuttosto del campo, della capanna che da piccoli si faceva nei boschi, che si lascia e che non si ritrova mai più.

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