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FESTIVAL DI ROMA Regno Unito

Il J’accuse di Greenaway/Rembrandt

di 

“Se oggi Rembrandt vivesse farebbe il regista”. Esordisce così un Peter Greenaway generoso con quelle che lui stesso definisce provocazioni più che risposte alle domande del pubblico del Festival di Roma.

Il suo Rembrandt’s j'accuse [+leggi anche:
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che ha aperto la sezione L'Altro Cinema - Extra è la ricostruzione o meglio la scomposizione in 30 paragrafi o 30 quadri della tesi illustrata nel suo film precedente Nightwatching [+leggi anche:
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: e cioè che il dipinto La Ronda realizzato dal grande pittore olandese fosse un ironico atto d’accusa contro i potenti della sua città, disseminato di indizi e allusioni a un omicidio.

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Con piglio da giudice istruttore Greenaway si ritaglia un frame all'interno dell'immagine e ci illustra le tesi dell'accusa con altrettante interviste ai protagonisti degli eventi.

Attraverso l'analisi di questi trenta indizi il regista racconta vicende politiche, economiche, di costume e soprattutto d’arte riferite al tempo in cui l'artista dipinse uno dei quattro quadri più visti al mondo, vicende che sembrano però potersi riferire anche all'attualità.

Il film, come tutti quelli del regista, si delinea su vari piani: c'è appunto quello legato all'indagine sulla caduta in disgrazia di un pittore come Rembrant ad opera dei potenti che con il suo quadro aveva voluto accusare ma c'è anche una grande lezione di storia dell'arte: Greenaway afferma che con l'introduzione della luce artificiale e il moltiplicarsi degli specchi molte luci ombre prospettive diverse vennero alla luce e i più grandi pittori dell'epoca seppero vederle restituendo le loro visioni sulla tela.

Greenway rivendica la sua formazione da pittore e vorrebbe un cinema meno testuale e fatto più di immagini anche se suo malgrado sottolinea che alcuni dei successi cinematografici degli ultimi anni si basano proprio sui testi, come Harry Potter [+leggi anche:
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e il Signore degli anelli, e del resto è consapevole che nessun produttore accetterebbe di fargli realizzare un film se gli presentasse solo 4 quadri.
Una mirabile lezione di storia dell'arte. E di cinema.

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