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Jayro Bustamante • Regista

Intervista

BERLINO 2015: Cineuropa ha incontrato il regista guatemalteco Jayro Bustamante per parlare di Vulcano, presentato in concorso alla 65esima edizione della Berlinale

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Cineuropa ha incontrato il regista guatemalteco Jayro Bustamante per parlare di Vulcano [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: Jayro Bustamante
scheda film
]
 (Ixcanul - leggi la recensione), presentato in concorso alla 65esima edizione della Berlinale.

Il punto di partenza del film
Incontriamo all'inizio Maria, la vera Maria, donna Kaqchikel che vive in una zona molto isolata negli altipiani del Guatemala, chiamata Sololá, dove c'è un'alta concentrazione dell'etnia maya Kaqchikel. Mia madre, che è medico e organizzava campagne mediche per cercare di convincere le donne a far vaccinare i loro bambini contro la polio, che all'epoca devastava il paese, conobbe questa donna e me la presentò. Mi ha raccontato un po' la sua storia. Io l'avevo già immaginata, gliel'ho raccontata e le ho chiesto il permesso di raccontarla a voi. Mi ha detto: "Mi fa piacere se la racconti perché non è la mia storia; è la storia di molte donne. Però non voglio che sia fatto il mio nome e non voglio vedere il film". Ha aggiunto: "Hai fatto bene ad avermela raccontata, ma non tornare per farmi vedere il film". Ed ecco com'è iniziato tutto.

Girare in un paese Maya
Avevo un po' l'idea di fare il film in due parti, con una parte puramente sociale. Così sono andato in questa stessa regione, sul lato pianeggiante di Sololá. Poi abbiamo girato in una regione non troppo lontana. Ci siamo orientati grazie ai vulcani. Abbiamo quindi girato nell'area dei vulcani attivi, destinando la parte sociale a quella dei vulcani spenti. Ho organizzato dei workshop, spazi in cui invitavo le donne Kaqchikel, per farle incontrare e parlare, prima, di tutto ciò che volevano. Ma ben presto ai workshop si iniziò a parlare dei loro problemi perché gli spazi d'espressione per le donne maya sono quasi inesistenti. Ciò mi è molto servito, egoisticamente, per terminare la sceneggiatura in modo realistico e per dar loro uno spazio in cui incontrarsi e parlare... Avevo anche la pretesa (perché era una pretesa) molto ingenua di trovare le attrici in questi incontri. Non avevo pensato che le persone possono anche non essere interessate a recitare. Gliel'ho semplicemente proposto, ma non erano interessate o non potevano. Le poche interessate non potevano lasciare la casa, i mariti (perché dovevano cucinare per loro, etc.) o i genitori. A quel punto abbiamo deciso di fare un casting "più tradizionale". Così sono andato nell'altra regione, quella dei vulcani attivi a Santa Maria de Jesus, questo in particolare è addormentato; è chiamato il vulcano dell'acqua. Si tratta di un vulcano molto verde, un vulcano vegetale. Ho quindi preso posto in un mercato e ho scritto "casting" su un cartello. Ho aspettato che venisse la gente ma non si è fatto vivo nessuno. Il giorno dopo, ho scritto "lavoro" e le persone sono venute a frotte. È stato tutto molto veloce; ho spiegato che il lavoro consisteva nel recitare in un film. Abbiamo iniziato a parlare sia con chi veniva per il lavoro che con chi veniva per curiosità o per passione del cinema.

Contrasto tra due culture
Penso che sia sempre stato presente. In realtà, ho vissuto sugli altipiani del Guatemala fino a quando avevo 14 anni. Questo è anche il motivo per cui volevo che il film parlasse questa lingua. Ho un po' combattuto, e sto combattendo ancora, ma non so se riuscirò a non far doppiare il film perché trovo che perderebbe parecchio togliendo la lingua maya. Ed è qualcosa che ho vissuto... Ho fatto un cortometraggio prima, dove ovviamente c'era una storia che volevo raccontare. Ma volevo fare l'esperienza di girare un film in Guatemala, un paese in cui non ci sono quasi telecamere, pellicole o laboratori. Quindi l'idea era di partire con tutta la troupe dalla Francia e arrivare filmando a caso, ci dicevamo, "cosa registriamo lo controlliamo dopo". In quel caso, era la storia di due bambine. Avevamo fatto un casting un po' approssimativo e avevamo notato una ragazza che era esattamente il personaggio che volevamo. In realtà, si trovava lì perchè lavorava in una piantagione di cipolle ma viveva molto lontano, in una piccola casa. Così siamo andati a incontrare la madre. Quando siamo arrivati, non riuscivamo a farci capire perché non parlava spagnolo. Quindi siamo dovuti tornare con un traduttore. Così le abbiamo spiegato che volevamo fare un film. Siamo stati molto attenti a presentarle il progetto. Ma non capiva cosa significasse fare un film. Le abbiamo detto che era come la televisione ma per un teatro più grande. Ha detto: "Non ho mai guardato la TV in vita mia". È questo il contrasto che intendo. Anche se sono vissuto e cresciuto lì, anche nella vita di tutti i giorni, non siamo in grado di vedere tutto ciò che succede vicino a noi. 

Il suo progetto cinematografico
Non credo di stare impostando la mia carriera in qualche modo in particolare, adesso. Ma sono sicuro che il mio prossimo film, che sto scrivendo, sarà un film con una storia guatemalteca. Voglio raccontare questa volta la parte urbana del Guatemala; questa città che non è piacevole o accogliente; anzi è molto ostile. Ma, ovviamente, la questione maya, anche se veniamo dalla parte urbana, non può essere separata dal Guatemala, in cui il 30% della popolazione è maya. Quindi ci sarà probabilmente un mix.

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