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FESTIVAL Italia / Svizzera / Ungheria

Locarno: ombre gotiche in Ticino

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Il “gotico rurale” di Eraldo Baldini sbarca in Ticino: La valle delle ombre di Mihály Györik, presentato in Piazza Grande a Locarno (dove, giocando in casa, ha sfiorato il tutto esaurito, con quasi ottomila spettatori), è tratto da quattro racconti dello scrittore – anche sceneggiatore, insieme al regista e ai romanzieri Sandrone Dazieri e Giampiero Rigosi – trasposti nelle valli inquietanti e selvagge della Svizzera italiana.

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La storia è quella del piccolo Matteo (il milanese Sebastiano Galeppi), mandato in visita al nonno in uno sperduto borgo ticinese: qui, ascoltando i racconti dei suoi coetanei del posto, il bambino – e il pubblico con lui – scoprirà i misteri del luogo, dalla “maledizione del carognone” alla follia di Nonna Clara, ai segreti di un mulino infestato di fantasmi. Nel cast, oltre ai giovani protagonisti, anche Teco Celio e Andrea Osvart.

“Ad introdurmi nell’universo di Baldini è stato Marco Müller, che avrebbe anche voluto produrre il film”, ricorda Györik (ticinese doc, ma origini ungheresi e studi all’Accademia di cinema di Budapest), “ma poi fu nominato direttore della Mostra di Venezia, e così il progetto si è fatto più complicato”. Sei anni di gestazione, riprese segnate da condizioni meteorologiche proibitive (“Pioggia e nebbia per otto settimane, mai visto nulla di simile, però hanno contribuito all’atmosfera mystery del film”), e un’avventura finanziaria inconsueta, guidata da Viviana Queirolo Bertoglio di Downtown Pictures.

“Il budget, 3mln di euro, è piuttosto consistente per un film del Ticino”, spiega la produttrice (accanto a lei, nell’impresa, gli svizzeri di Riforma Film e gli ungheresi di Focus Film), che precisa come “oltre al sostegno della RSI Radiotelevisione svizzera, abbiamo cercato sin da subito di coinvolgere finanziatori privati, con una strategia di venture capital ispirata a modelli produttivi abituali nel mondo anglosassone, ma non nel resto d’Europa”.

Niente richieste al FUS italiano, dunque, per “un prodotto – continua Queirolo – che si rivolge al pubblico più che ai critici”. Oltre che “al cuore bambino che c’è in ogni adulto”, conclude Györik.

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