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FESTIVAL DI ROMA Concorso / Danimarca

Brotherhood: dell’amore e altri legami

di 

Come Brokeback Mountain di Ang Lee, ingiustamente indicato come “film dei cowboy gay”, il debutto del danese Nicolo Donato, Brotherhood [+leggi anche:
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, in concorso al Festival del Film di Roma, sarà ricordato come il “film dei neo-nazisti gay”. E sarebbe un peccato, perché il film è una storia d’amore, anche se fra due persone con i capelli rasati e le svastiche tatuate.

Lars (Thure Lindhardt, Flame in Flame & Citron [+leggi anche:
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) è stato congedato dal servizio militare poco prima di essere promosso a sergente a causa di alcuni pettegolezzi. Incerto sul futuro e assillato dalla madre, il giovane inizia a frequentare gli strati più bassi della società, in un gruppo che sostiene gli ideali neo-nazisti ed il partito stesso in Danimarca.

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Leader della violenta gang è il prestante Michael (Nicolas Bro), che viene subito apprezzato da Lars, anche quando si trova completamente in disaccordo con lui, perché sincero e diretto. Donato avrebbe forse potuto spendere un po’ più di tempo a illustrare le ragioni per le quali Lars diventa così rapidamente membro del Partito, ma il senso palpabile di cameratismo e appartenenza tra i ragazzi spiega in parte il perché della sua adesione al gruppo.

Nella gang ci sono anche i fratelli Jimmy (David Dencik, in A Soap [+leggi anche:
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) e Patrick (Morten Holst, figlio del produttore del film Per Holst). Quando Lars lascia la casa dei genitori dopo una lite, Michael lo manda a vivere temporaneamente con Jimmy.

In alcune scene, dirette con potenza e basate sulla evidente chimica cinematografica fra gli attori, sulla precisione del montaggio e sull’eccezionale lavoro della macchina da presa (che bilanciano gli sguardi intimi e più ampi), scoppiano scintille fra Jimmy e Lars, anche se nessuno dei due sa bene come comportarsi.

Una successione di primi piani — di Lars, poi di Jimmy, e poi ancora quando quest’ultimo ha chiuso la porta della sua camera — viene eseguita alla perfezione, e dimostra il vecchio detto che le immagini possono più delle parole. E tutto questo arriva da un regista non educato convenzionalmente al cinema, e al suo esordio.

Parte della forza del film deriva dalla sceneggiatura, scritta da Rasmus Birch insieme al regista. I veri temi del lungometraggio non sono la vile ideologia e i suoi giovani aderenti o l’omosessualità in particolare, quanto semplicemente il romanticismo e le emozioni, incompatibili con l’ambiente dal quale i personaggi derivano il loro senso di primaria identità.

Come suggerisce il titolo, Brotherhood (“fratellanza”) parla dell’appartenenza, e sottolinea la difficile relazione tra Jimmy e Patrick. Il rapporto fra i due viene duramente messo alla prova quando Michael preferisce Lars a Patrick, nonostante Lars faccia parte del gruppo soltanto da un paio di settimane, e suggerisce sottilmente l’idea che i legami — di sangue, emotivi e politici — sono in un flusso costante.

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(Tradotto dall'inglese)

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