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BERLINALE 2010 Concorso

If I want to whistle, I whistle, il dramma di una generazione rumena

di 

La disperazione sorda di un'intera generazione di If I want to whistle, I whistle [+leggi anche:
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scheda film
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(Eu Cand Vreau Sa Fluier, Fluier), lungometraggio d'esordio del rumeno Florin Şerban, è stata salutata dagli applausi ieri al Berlinale Palast, alla sua presentazione in anteprima nel Concorso ufficiale.

Il racconto asciutto e duro della difficile realtà dei centri rieducativi per ragazzi era nato inizialmente come piece teatrale, dopo una visita in un penitenziario minorile. Nei dieci anni successivi, lo script tratto dalla stessa piece ha mutato progressivamente forma, fino ad assumere la sua struttura definitiva quando il regista ed il suo sceneggiatore hanno iniziato a lavorare con gli ospiti di uno dei centri. Del testo teatrale, sono rimasti il titolo e il concept di fondo, incentrato sul rapporto con la libertà, i compromessi e l'accettazione delle responsabilità e delle sue conseguenze, ma i personaggi sono stati sviluppati in maniera autonoma, e aggiornati al presente.

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Il film racconta i cinque giorni che separano il 18enne Silviu dalla libertà fuori dal riformatorio. Cresciuto, come molti suoi coetanei, senza genitori, con un fratello più piccolo da accudire e in uno stato di forte degrado, Silviu è uno dei tanti ragazzi lasciati dalle madri, partite per trovare lavoro all'estero. Pur di uscire il prima possibile, il giovane trattiene l'orgoglio e accetta ogni tipo di umiliazione da parte dei suoi compagni, e si infatua di una assistente sociale, Ana, con la quale spera di avere una relazione, una volta fuori.

Le cose però precipitano quando la madre torna in Romania decisa a portare con sé, in Italia, il figlio minore: la rabbia di Silviu esplode, e il ragazzo si barrica nella cucina del penitenziario tenendo in ostaggio Ana.

Il regista ha sottolineato in conferenza stampa come la disgregazione familiare seguita alle partenze di molte donne rumene per l'estero abbia provocato un vero disastro generazionale: "Molte rumene emigrano per cercare lavoro ad Ovest, e dopo dieci anni sono evidenti i risultati, problemi enormi di ragazzi cresciuti da soli o con lontani parenti".

Şerban, che ha passato due mesi in un carcere minorile per completare lo script, descrive con grande finezza psicologica i personaggi, in particolare il delicato Silviu (l'esordiente George Piştereanu), sognatore e vulnerabile nonostante l'aggressività, schiacciato nella rete delle gerarchie interne della prigione. La macchina da presa segue spesso i personaggi con riprese da dietro, soluzione scelta dal filmmaker perché "in prigione mi sono accorto di non riuscire a raggiungere l'anima dei ragazzi, dietro le parole c'era troppo. Ci sono delle cose che accadono di sera, quando le luci sono spente e le guardie non ci sono, ma (i ragazzi) non ne parlano. Ho cercato di enfatizzare proprio quei momenti in cui non siamo autorizzati a vedere: non si può calpestare un tappeto con gli stivali".

Il film è una co-produzione rumeno-svedese tra la Strada Film di Catalin e Daniel Mitulescu e Film I Vast (che si è occupata della post-produzione) e The Chimney Pot, con finanziamenti di Romanian Film Centre, Swedish Film Institut e Post Republic Berlin, ed è già stato pre-venduto alla televisione rumena TVR.
La pellicola ha ottenuto il Premio CineLink Work in Progress Award al Sarajevo IFF nell'agosto 2009, e viene venduta da Celluloid Dreams.

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