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PRODUZIONE Italia / Francia / Irlanda

Sorrentino: ”colpisco al cuore con Sean Penn”. E per la prima volta una banca produce

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L’annuncio è di quelli importanti, addirittura “storico” secondo l’ad di Medusa Film, Giampaolo Letta, che parla di “un modo nuovo di intendere il cinema da un punto di vista industriale”: per la prima volta una banca italiana parteciperà – al fianco di partner nazionali (oltre a Medusa, Indigo Film e Lucky Red) ed europei (la francese ARP e l’irlandese Element Pictures) – alla produzione di un film.

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La banca in questione è Intesa Sanpaolo, e per questo “esordio” ha scelto This Must Be the Place, debutto in lingua inglese di Paolo Sorrentino. L’investimento è di 2,5mln di euro (su un budget totale di 28mln di dollari), e si inserisce in una strategia più ampia di supporto alla produzione cinematografica italiana, dando attuazione alla recente normativa sul Tax Credit Esterno, che riconosce benefici fiscali ai soggetti esterni che investono nella realizzazione di un’opera cinematografica.

“Una forma intelligente per incentivare gli investimenti”, sostiene Corrado Passera, che come CEO di Intesa Sanpaolo ha seguito tutte le tappe del progressivo avvicinamento al cinema da parte del gruppo (attivo nel settore anche come azionista di minoranza di Lux Vide e socio al 10% di Cattleya) a cominciare dall’istituzione del desk specialistico Media & Entertainment di Mediocredito Italiano, per arrivare poi al progetto Per fiducia: due cicli di cortometraggi, il primo affidato a tre autori affermati (Ermanno Olmi, Gabriele Salvatores e lo stesso Sorrentino), il secondo a tre giovani talenti. Esperimenti brevi ma fortunati, anche qualitativamente, che hanno permesso al gruppo di prendere confidenza con un mondo sconosciuto. “Non ci si improvvisa”, aggiunge Passera, “e noi abbiamo voluto prima imparare”.

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, e tre case di produzione – ciascuna a suo modo – vincenti? “Abbiamo pensato a lungo alla possibilità di un grande salto, di un film in inglese che ci permettesse di raggiungere più mercati”, spiega Nicola Giuliano di Indigo Film, sodale di Sorrentino sin dai tempi de L’uomo in più [+leggi anche:
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, che negli anni ha visto crescere intorno al “suo” autore l’interesse di critici e addetti ai lavori di tutto il mondo. In molti si erano già fatti avanti con progetti più o meno interessanti, ma – continua Giuliano – “siamo orgogliosi che questo nuovo film abbia radici interamente italiane, e sia stato capace di attrarre l’interesse di star straniere come capitava ai tempi di Burt Lancaster (Il Gattopardo), Rod Steiger (Le mani sulla città) e Robert De Niro (C’era una volta in America)”.

Protagonisti del nuovo film saranno infatti i premi Oscar Sean Penn, e Frances McDormand. La “leggenda”, confermata dai diretti interessati, vuole che Penn – all’epoca presidente di giuria a Cannes – si sia congratulato con regista e protagonista de Il divo (premiato col Prix du Jury), paragonando il loro sodalizio a quello della coppia Peter Sellers/Blake Edwards. Aggiungendo poi un invito: “Tienimi in considerazione per i prossimi progetti”.

“Sentirsi dire una cosa del genere dall’erede di Brando e De Niro, per un autore, è una sfida”, spiega Sorrentino. Per raccoglierla, c’era bisogno di una storia all’altezza, come quella di Cheyenne, rockstar in ritiro dalle scene che parte per un viaggio destinato a cambiargli la vita: dopo la morte del padre si mette alla ricerca dell’ex criminale nazista che perseguitò il genitore, prigioniero ad Auschwitz. “Al contrario degli altri miei lavori, questa è un’opera solare, aperta, che ruota attorno a un personaggio portatore di gioia”, anticipa il regista da New York, dove sta ultimando i sopralluoghi. A dire il vero, leggendo le poche righe di trama (inutile chiedere di più, il riserbo è strettissimo) non si direbbe: ma “il film correrà su tre binari: la commedia stralunata, il ritratto intimo di un rapporto padre/figlio da ricostruire e il confronto col tema dell’Olocausto”.

L’idea parte proprio da qui, “dalla mia curiosità per i nascondigli dei criminali nazisti”. Nessuno spunto autobiografico, ma “l’ambizione di andare dritti al cuore della più grande tragedia del Novecento. Sarà un film semplice, molto lineare. Una vicenda intima, sullo sfondo di un argomento che semplice non lo è affatto, in cui cerco di ricomporre due famiglie: quella del protagonista, e – metaforicamente – quella dell’Europa”.

La colonna sonora sarà firmata da David Byrne (“un sogno che si avvera, i Talking Heads sono stati gli idoli della mia adolescenza”), mentre le radici italiane del progetto sono confermate dalla presenza nel cast tecnico, tra gli altri, del direttore della fotografia Luca Bigazzi e del montatore Cristiano Travaglioli. In tempi di crisi, da sottolineare l’assenza di finanziamenti pubblici da parte del MiBAC (mentre assicurano il loro sostegno Eurimages e l’Irish Film Board). Non manca chi legge in questo primo esperimento di tax shelter esterno una risposta al ridimensionamento del FUS che in Italia minaccia l’industria cinematografica: “C’è da augurarsi che questo strumento sopperisca ai tagli del Fondo unico dello spettacolo”, sottolinea Andrea Occhipinti, ad di Lucky Red (e già coproduttore de Il divo), ricordando che “il tax shelter, come dimostrano molte cinematografie, innesca un meccanismo virtuoso, e fa da volano agli investitori, favorendo anche l’intervento di partner internazionali”.

Il caso di This Must Be the Place ne è la conferma. Accanto al 70% del budget garantito dai produttori italiani (con quote del 20% ciascuna per Indigo Film, Lucky Red e Medusa Film, e del 10% per Intesa Sanpaolo), si segnalano infatti gli interventi di ARP (20%) e Elements Pictures (10%). Le vendite internazionali del film – le cui riprese cominceranno in Irlanda il 16 agosto, prima di trasferirsi negli Stati Uniti, per un totale di 10 settimane – sono affidate a Pathé International; Medusa si occuperà della distribuzione in Italia.

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