email print share on Facebook share on Twitter share on LinkedIn share on reddit pin on Pinterest

FILM / RECENSIONI

Gorbaciof

di 

- Pericolosa spirale per una guardia carceraria presa nelle maglie del poker e dell'amore. Un ruolo d'oro per un attore formidabile in un film ammirato alla Mostra di Venezia

Si può costruire un film intorno al modo di camminare di un personaggio? A vedere Gorbaciof [+leggi anche:
trailer
intervista: Stefano Incerti
scheda film
]
, il nuovo film di Stefano Incerti, presentato fuori concorso alla Mostra di Venezia, si direbbe di sì: a patto che i passi non siano di un attore qualunque, ma di un vero “maestro” della recitazione come Toni Servillo. Che, dopo l’incedere curvo del Divo [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: Nicola Giuliano
intervista: Paolo Sorrentino
intervista: Philippe Desandre
scheda film
]
Giulio Andreotti, tutto modellato sull’originale, stavolta sperimenta un’andatura originalissima, sfrontata e spedita: quella di Marino Pacileo, basettone e capello lungo impomatato all’indietro, detto Gorbaciof (con la f, e l’accento sulla seconda o) per via di una vistosa voglia sulla fronte.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

Gorbaciof fa il cassiere nel carcere di Poggioreale, Napoli: tutti i giorni, stretto nella sua giacchetta, va a lavoro, si mette allo sportello, incassa gli assegni dei parenti dei detenuti. Parla poco, Pacileo, e come cammina: spedito fino a mangiarsi le parole (le prime arrivano dopo oltre dieci minuti di film). Non parla, ma gioca. Ha il vizio del poker, e per permetterselo “attinge” alle casse del penitenziario, tenuto in scacco dal gioco d’azzardo e da una guardia (Nello Mascia) che sa tutto, chiude un occhio, ma prima o poi – scommettiamo? – gli chiederà qualcosa in cambio.

Così scorre la vita di Gorbaciof, fino all’incontro con Lila (Mi Yang), figlia di un collega di tavolo verde su cui ha messo gli occhi lo “squalo” Geppy Gleijeses. Chi più di Servillo dovrebbe sapere che bisogna guardarsi dalle conseguenze dell’amore? Anche stavolta, però, come nel film di Paolo Sorrentino, i sentimenti travolgono la vita del protagonista, trascinandolo in una spirale di malaffare.

Sceneggiato dal regista con lo scrittore Diego De Silva, e poi riscritto “su misura” per Servillo – qui più che mai mattatore in sottrazione – Gorbaciof, spiega Incerti, “parte dal racconto della solitudine metropolitana, per diventare un piccolo racconto morale, un apologo”. Sullo sfondo, la Chinatown partenopea fa da cornice a un amore che non ha bisogno di parole.

Così come l’autore non sente il bisogno di svolazzi di stile (molto bella, però, la fotografia di Pasquale Mari) o di virtuosismi di regia, preferendo concentrarsi sul suo protagonista. Col rischio di caricare sulle spalle pur robuste di Servillo l’intero peso del film.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere altri articoli direttamente nella tua casella di posta.

Privacy Policy