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FILM / RECENSIONI

Un'estate da giganti

di 

- Le disavventure di tre adolescenti abbandonati a se stessi. Sensibilità e umorismo per un film avvincente presentato a Cannes alla Quinzaine des réalisateurs 2011.

Non hanno Peter Pan a guidarli, i tre ragazzini protagonisti del terzo lungometraggio del regista belga Bouli Lanners. Zak (Zacharie Chasseriaud), Seth (Martin Nissen) e Danny (Paul Bartel) non hanno ancora 16 anni quando, un'estate, si ritrovano abbandonati a se stessi in mezzo alla campagna belgo-lussemburghese. Senza un soldo, i due fratelli e il loro compagno di miserie imparano ad affrontare la vita come se fosse un'avventura. Non hanno altra scelta che farlo come se fossero grandi, anzi, come dei giganti.

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Gran vincitore della Quinzaine des réalisateurs 2011 — due premi su tre — dove il film è stato proiettato in chiusura, Un'estate da giganti [+leggi anche:
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conferma l'importanza del cinema belga nel palmarès del Festival di Cannes, ma anche, e soprattutto, denota in modo deciso il talento di un regista che ha chiaramente forgiato un suo stile nell'arco di soli tre lungometraggi.

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(2005) non mancava di errori di gioventù insiti in ogni carriera cinematografica, Eldorado [+leggi anche:
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— altro trionfo cannense nel 2008 — aveva presto introdotto lo spettatore ai temi cari al regista: la strada, la campagna, le vecchie auto e la famiglia acquisita, che in ogni film di Bouli Lanners viene a sostituire i legami di sangue disfunzionali. Zak e Seth sono fratelli, ma Danny, che hanno appena conosciuto, è subito integrato nello stesso rapporto di fratellanza. Il vero fratello di Danny desidera la sua morte e i genitori di Zak e Seth sono assenti. Come se non bastasse, i tre ragazzi, dopo un'esperienza che li trasformerà in tre Piccoli Principi di Saint-Exupéry, troveranno rifugio in una figura materna che vive anch'essa reclusa in una campagna che attutisce tutto. Talvolta naturalmente contemplativo, spesso silenzioso, Un'estate da giganti dà ampio spazio alle conversazioni silenti che solo la musica orchestrata dal gruppo fiammingo The Bonny King Of Nowhere accompagna con accenti melanconici che ricordano i migliori Radiohead.

Bouli Lanners è pittore e con naturalezza compone le sue inquadrature come fossero quadri. La coerenza del suo universo artistico è rafforzata dalla sua partecipazione al lavoro di scrittura, che condivide con una co-sceneggiatrice e un dialoghista. Non succede granché in Un'estate da giganti, ma il film si dilunga meravigliosamente su quei momenti cerniera che fanno ruotare la vita in un senso o nell'altro. Ma quando Bouli Lanners lascia che i suoi bebè giganti si allontanino verso l'orizzonte, sta allo spettatore scommettere o meno sul futuro. Da notare che gli orizzonti possibili, quelli che si aprono, esistono solo al di sopra del fiume, vero filo rosso del film, un'onda tranquilla che i personaggi cavalcano, una strada verso il futuro. Non sono attrezzati per questo lungo viaggio che è la vita, ma le decisioni che prendono su questa barca, la tacita complicità tra questi fratelli di fortuna, la metafora di questi piccoli uomini che remano nella stessa direzione, sprigionano un ottimismo che si ritrova solo nell'ultima riga delle favole. E vissero felici e contenti. Lo stesso che si augura a questa coproduzione tra Belgio (Versus), Francia (Haut et Court, anche distributore del film nelle sale francesi) e il Lussemburgo (Samsa Film), distribuita in Belgio da O’Brother e venduta nel mondo da Memento Films International.

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(Tradotto dal francese)

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