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EDITORIALE

La fine del modello francese?

di 

- Il presidente della FICAM (Federazione delle Industrie del Cinema, dell'Audiovisivo e del Multimedia) lancia l'allarme

Le nostre industrie stanno attraversando da qualche mese un momento difficile. Come tutte le PMI europee, le imprese della filiera tecnica attraversano una grave crisi economica che si somma ai costi delle evoluzioni tecnologiche.

Sebbene coinvolte nell'ecosistema della produzione nazionale, le nostre industrie non traggono più vantaggi diretti dal modello francese perché la Commissione europea le ha escluse dal perimetro culturale nel 2005. Così, l'aiuto diretto alle Industrie tecniche rappresenta appena lo 0,8% del fondo di sostegno del CNC. Con tale budget, e senza rimettere in discussione i 100 M€ che ricevono, ci sarebbero voluti oltre vent'anni per equipaggiare le sale cinematografiche con le attrezzature per la proiezione digitale, e invece sono stati sufficienti appena 18 mesi per effettuare questo considerevole cambiamento…

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La conseguenza è stata l'obsolescenza delle attrezzature di ripresa e di post-produzione che ha costretto le industrie tecniche a rinnovare massicciamente i loro mezzi tecnici. L'investimento, moltiplicato per due o per tre, non ha trovato il finanziamento necessario presso gli istituti di credito, la cui riluttanza colpisce tutte le PMI.

In questo contesto di grande fragilità, le imprese tecniche del cinema e dell'audiovisivo restano le ultime a ricevere gli aiuti e il sostegno del CNC, e devono trovare da sé soluzioni alternative per garantire la continuità dell'industria cinematografica francese.

Ovviamente, le autorità francesi stanno cercando di ottenere da Bruxelles il reintegro delle Industrie tecniche nel perimetro dell'eccezione culturale. Ma questa volontà politica resta con tutta evidenza inascoltata dalla Commissione europea, che persegue instancabilmente il suo obiettivo di deregolamentazione totale dei mercati, pilastro di un'ideologia tecnocratica ultra liberale. I colpi portati successivamente, e da anni, ai meccanismi di sostegno degli Stati europei dimostrano bene la sua determinazione, quale che sia il rischio che si finge di ignorare, ossia l'affossamento di metà della produzione nazionale.

Destrutturare il modello francese – e le sue industrie in particolare – mette a rischio la produzione in ragione del loro carattere indissociabile, e per diversi motivi evidenti:
In primo luogo, geografico, essenziale per le riprese come per alcune fasi della post-produzione.
Poi, culturale: il genere, lo stile, il talento dei tecnici, che presentano differenze significative tra i nostri Stati, cosa che, ancora una volta, è una ricchezza e non un handicap.
Infine, è un rischio per i "talenti" e per il rinnovamento delle generazioni di registi. Non dimentichiamo che le industrie tecniche francesi favoriscono ogni anno la produzione di oltre 400 cortometraggi e di circa 80 opere prime.

Il 2012 sarà segnato nuovamente dalla revisione dei sistemi di aiuto pubblico nazionale e regionale, della loro natura e delle loro modalità. Così come sembra delinearsi, questa rimessa in discussione porterà senza dubbio alla fine del modello francese. Nessuno vi ha interesse: né l'Unione europea, né la nostra industria cinematografica, tantomeno la nostra filiera.

La nostra Federazione si mobiliterà per quanto possibile su questa questione vitale: una questione di vita o di morte.


Thierry de Segonzac, presidente della FICAM (Federazione delle Industrie del Cinema, dell'Audiovisivo e del Multimedia)

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(Tradotto dal francese)

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