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VENEZIA 2014 Giornate degli Autori

Le drag queen del dopoguerra in Les nuits d’été

di 

- VENEZIA 2014: L’opera prima del francese Mario Fanfani mette in scena il fenomeno del travestitismo maschile a cavallo tra gli anni 50 e 60

Le drag queen del dopoguerra in Les nuits d’été

“Sono Mylène, una donna bella e intelligente, moglie devota e che non parla mai di politica”. Con queste parole si apre Les nuits d’été [+leggi anche:
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di Mario Fanfani. A pronunciarle però, fuori campo, non è una voce femminile. Seduto compostamente su un divano, col suo twin-set rosa, il filo di perle e la parrucca ben pettinata, c’è Michel. Dopo pochi minuti lo vedremo rivestire i panni da uomo, per tornare a casa da moglie e figlio, come all’uscita da una terapia. E’ sul fenomeno del travestitismo maschile degli anni Cinquanta che si concentra quest’opera prima francese in gara alle undicesime Giornate degli Autori di Venezia, e in lizza anche per il Leone del Futuro e il Queer Lion.

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Non si tratta qui di omosessualità. Michel (Guillaume De Tonquédec) è un rispettabile notaio di provincia, un padre attento, un marito che ama e desidera sua moglie. Ha già vissuto gli orrori della Seconda guerra mondiale, i suoi traumi, e ora che è in corso un altro conflitto, quello franco-algerino (siamo nel 1959), cerca una via di fuga per la sua mente. La trova nei suoi incontri con l’amico Jean-Marie (Nicolas Bouchaud, già visto l’anno scorso ai Venice Days in La belle vie [+leggi anche:
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), alias Flavia. Niente sesso, sia chiaro. Solo amabili conversazioni, sedute di trucco e battute di caccia, perché le donne a caccia ci vanno. Quello che le donne non fanno, invece, è parlare di politica, ed è esattamente questo di cui Michel ha bisogno.

Il film non si ferma a Michel e Jean-Marie: entra nei cabaret dove uomini vestiti da donna intrattengono i giovani soldati in partenza per l’Algeria, dove si canta inneggiando al pacifismo e dove modelli maschili tanto diversi fra loro si incontrano, rivelando un fenomeno più diffuso di quanto ci si aspetterebbe nella società puritana a cavallo tra gli anni 50 e 60. “Il film nasce da un libro di fotografie pubblicato negli Stati Uniti dieci anni fa, in cui uomini americani del dopoguerra si ritraevano a vicenda vestiti da donna”, spiega Fanfani. “Quello che mi ha colpito è come questi uomini trasgredissero in un’epoca in cui trasgredire era molto più complicato, unito al fatto che il modello femminile cui si rifacevano era comunque un modello di donna molto tradizionale, l’unico disponibile”.

Il regista ha immaginato quindi di trasferire il fenomeno in Francia, sullo sfondo del conflitto franco-algerino, “perché non si può ambientare un film in Francia nel 1959 senza parlare di guerra in Algeria”, specifica. La guerra in effetti attraversa un po’ tutti i personaggi, anche la moglie di Michel, Hélène (Jeanne Balibar): durante una serata in onore dei soldati manifesta, davanti a una platea allibita, il suo dissenso sulle tante giovani vite sacrificate al fronte, mentre il microcosmo borghese intorno a lei si lava la coscienza inviando ai coscritti biscotti e saponette. Marito e moglie si scoprono così ugualmente anticonformisti. Il film in sé non lo è poi tanto: la regia è piuttosto classica e il ritratto delle drag queen del dopoguerra non manca di luoghi comuni. Resta il pregio di svelare una realtà a molti sconosciuta e di ricordarci che la fantasia è spesso una valvola di sfogo necessaria, a ciascuno la sua.

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