email print share on Facebook share on Twitter share on LinkedIn share on reddit pin on Pinterest

VENEZIA 2015 Orizzonti

Tempête: la piccola storia del “grande mestiere”

di 

- VENEZIA 2015: Samuel Collardey ricostruisce, con i veri protagonisti, la storia di un pescatore padre di famiglia, obbligato a restare a terra per affrontare le intemperie

Tempête: la piccola storia del “grande mestiere”
Dominique Leborne in Tempête

All’inizio non lo sappiamo, quando, nel pesante calore di un bar irlandese, dove risuonano forti i canti dei marinai, lo vediamo alzarsi in piedi sorridendo, fiero, su di un tavolo, ma il personaggio di Tempête [+leggi anche:
trailer
scheda film
]
, il film che Samuel Collardey presenta alla 72ma Mostra di Venezia nella sezione Orizzonti -e anche nella selezione di Sala Web-, non è un personaggio inventato: è una storia vera quella che Dominique Leborne, marinaio veterano che trascorreva lunghi periodi in mare, rivive davanti alla macchina da presa, circondato dalla propria famiglia, l’altro grande amore della sua vita. 

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

Questa storia, semplice e sublime, racconta una professione dura, che coloro che la svolgono, umilmente, vittime del freddo e delle onde, chiamano “il grande mestiere”. È la storia di un richiamo così forte, che questi uomini dalla cerata gialla, tutti questi pescatori islandesi, lasciano a terra coloro che amano di più, in una costante attesa unita ora alla paura e risentimento, ora a un’ammirazione infinita come l’orizzonte. È la storia di uno strazio violento come un’onda omicida che s’infrange su una roccia d’argento, di cui Collardey rende molto bene la dimensione romantica senza tradire la modestia naturale, che è la più bella eleganza dei protagonisti.

La storia di Tempête è toccante e senza pretese. Qualsiasi tragica magniloquenza avrebbe intaccato la purezza del messaggio che Leborne cerca di far passare ai suoi figli: Matteo, il suo “ragazzo” a cui vuole insegnare il proprio mestiere e la sua passione e Mailys, la figlia che non ha generato ma ha accettato, voluta e che è pronto a sostenere in ogni sua scelta, dal colore dei capelli alla gravidanza imprevista e doppiamente tragica per una ragazza così giovane che è ancora una bambina, a costo di ignorare il richiamo del mare, tornando a scuola e facendo a meno della corrente elettrica.

Grazia a Collardey, di cui questo è il terzo lungometraggio con attori non professionisti, incentrato su una professione vera, si scopre un universo profondamente umano, fatto di coraggio modesto e normale tolleranza di fronte alla durezza della vita, un universo dove l’accettazione è l’altra sfaccettatura di un amore tanto incondizionato quanto pudico, senza fronzoli. Così Dominique Leborne sfida le intemperie e poi si allontana, come un puntino nel mare, con un enorme sorriso. 

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

(Tradotto dal francese)

Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere altri articoli direttamente nella tua casella di posta.

Privacy Policy