email print share on Facebook share on Twitter share on LinkedIn share on reddit pin on Pinterest

SOLETTA 2017

Impasse, un film che ci mette spalle al muro

di 

- La produttrice e ora anche cineasta Elise Shubs, a lungo implicata nell’associazione losannese Climage, presenta in prima mondiale alle Giornate di Soletta, il suo primo mediometraggio

Impasse, un film che ci mette spalle al muro

Dopo aver passato più di cinque anni lavorando come produttrice per Climage (su progetti socialmente implicati come Vol spécial [+leggi anche:
recensione
trailer
scheda film
]
o il più recente L’abri [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: Fernand Melgar
scheda film
]
, entrambi di Fernand Melgar), Elise Shubs passa infine dietro la cinepresa con Impasse [+leggi anche:
trailer
scheda film
]
, presentato alle Giornate di Soletta, deper interessarsi ad un tema che “la rivolta nel profondo”: la prostituzione.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)
Hot docs EFP inside

Sempre estremamente attenta alle dinamiche sociali “nascoste” che l’attorniamo, Elise Shubs si interessa da più di dieci anni alla questione della migrazione. Per il suo Impasse ha quindi naturalmente deciso di focalizzarsi su una micro realtà: quella di Losanna, che conosce alla perfezione e che riassume molto bene un fenomeno la cui portata è universale: la prostituzione. Come fare un documentario su un tema tanto scottante senza mostrarlo? Come dipingere questa realtà senza mostrare nessun volto (per proteggere l’integrità delle sue coraggiose testimoni)? Queste sono le domande a cui, attraverso il suo primo lungometraggio, Elise Shubs ha dovuto cercare di rispondere. Le parole, i racconti spesso agghiaccianti delle sue testimoni senza volto risuonano nelle nostre orecchie come un eco lontano e spietato. L’impossibilità di identificare il soggetto associato al racconto regala a questo un’inaspettata intensità, un’universalità inquietante e terribilmente banale: tanti, infiniti racconti di vite che si preferirebbe ignorare accantonandole ad una marginalità di cui non ci si vorrebbe occupare.

Il sottile lavoro sulla fotografia di Matthieu Gafsou, fotografo alla sua prima esperienza cinematografica, regala al film un sottotesto estremamente potente. Costretto a lavorare con delle immagini altre che i volti delle testimoni Matthieu Gafsou trasforma le immagini della città (i “nascondigli” dove si consumano feroci e banali transazioni) in veri e propri personaggi del film. Il balletto incessante di macchine che sfilano lungo la Rue de Genève ritma le parole delle protagoniste del film che sembrano cantare una melodia triste e purtroppo troppo conosciuta. Senza cavalcare l’onda dei cliché Elise Shubs si “accontenta” di raccogliere le testimonianze delle sue protagoniste stando attenta a rispettare il più possibile la fedeltà dei loro racconti, la crudeltà delle loro parole che scivolano sulle immagini come la lava di un vulcano. Quattro donne, per la maggior parte migranti e madri di famiglia, si confidano per poco più di un’ora davanti alla cinepresa di Elise Shubs che accogli la loro sofferenza, i loro dubbi, ma anche le loro speranze senza giudicare ma al contrario cercando di capire come sono approdate in quel luogo che per tante assomiglia ad un’infernale prigione. Da quelle che hanno deciso di percorrere questa strada per arrotondare dei fine mese difficili (e che lavorano nei differenti “saloni”) a quelle che si sono trovate imprigionate in una pericolosa tratta di esseri umani (e che spesso si ritrovano sui marciapiedi della Rue de Genève), ognuna di loro ha imparato (suo malgrado) a convivere con il dolore di una vita rubata e messa a disposizione del miglior offerente. Al di la di tutto Impasse ci mostra quanto le conseguenze del loro “lavoro” siano devastanti: sul loro corpo certo ma anche e soprattutto sulla loro mente, costretta a sperare senza sosta in un mondo migliore, per sopportare la cruda realtà che le attornia. E se il sogno non rimanesse che tale? E se oltre l’incubo non ci fosse nulla? 

Impasse è prodotto e distribuito in Svizzera dalla losannese Casa Azul.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere altri articoli direttamente nella tua casella di posta.

Privacy Policy