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FILM Italia

Il pugile del Duce: il campione nero che Mussolini cancellò dalla Storia

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- Il documentario diretto da Tony Saccucci, che riporta a galla l’incredibile storia di Leone Jacovacci, esce nelle sale il 21 marzo, Giornata mondiale contro il razzismo, con Istituto Luce-Cinecittà

Il pugile del Duce: il campione nero che Mussolini cancellò dalla Storia

C’era un tempo in cui un incontro di boxe radunava le folle di un derby di serie A oggi. Siamo nel 1928, a Roma, in pieno regime fascista. Stadio Nazionale (oggi Flaminio), 40.000 spettatori sugli spalti, e in mezzo al prato, un ring. Due italiani si contendono il titolo europeo, un evento senza precedenti, che si guadagna la prima radiocronaca diretta della storia italiana. Un filmato ufficiale mostra tutte le fasi dell’incontro, fino alla quindicesima ripresa. Poi il buio: mancano i minuti finali, quelli che decretano il vincitore; tagliati dal montaggio, spariti per sempre. Perché a strappare il titolo dei pesi medi al biondo e “latteo” Mario Bosisio, è Leone Jacovacci, un campione bello, forte, amato da popolo, ma che agli occhi di Mussolini aveva una sola, grande pecca: era nero. E’ un’incredibile storia di rimozione e manipolazione della realtà, oltre che di razzismo strisciante, quella che riporta a galla Il pugile del Duce [+leggi anche:
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, avvincente documentario diretto da Tony Saccucci, professore al liceo di Storia e filosofia qui alla sua prima prova da regista, prodotto e distribuito da Istituto Luce-Cinecittà a partire da oggi, 21 marzo, Giornata mondiale contro il razzismo.

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Liberamente tratto dal libro “Nero di Roma” di Mauro Valeri (Palombi Editori, 2008), uno dei massimi esperti di razzismo in Italia che per primo ha rispolverato e ricostruito l’emblematica vicenda di Jacovacci, il film racconta la parabola di questo grande atleta misconosciuto, dalla sua nascita in Congo da padre italiano e madre africana ai primi incontri di boxe a Londra e Parigi dove, dopo l’infanzia e l’adolescenza trascorse a Roma, viaggia in cerca di riconoscimento e accettazione, tra lavori e identità diverse (si fa chiamare Jack Walker, si proclama afroamericano). Poi il rientro in Italia e la lunga lotta per farsi riconoscere come cittadino e pugile italiano e poter combattere sotto la bandiera tricolore. Fino a quel fatidico incontro allo Stadio Nazionale che sancirà il suo trionfo ma, paradossalmente, anche la fine della sua carriera, affossata dal silenzio e l’oblio.

Quasi consapevole del rischio di poter essere cancellato dalla memoria collettiva, Jacovacci compilò per anni, giorno per giorno, un enorme album privato con fotografie e ritagli di giornale che parlavano di lui – compreso quello dove si diceva, pochi giorni dopo la sua vittoria, che “non può essere un nero a rappresentare l’Italia all’estero”. Il pugile vi annotava tutto in modo minuzioso, i match, le vittorie, le sconfitte, ma straordinariamente, alla data di quell’incontro per il titolo europeo, l’esito non è scritto, la riga rimane vuota, come se Jacovacci si fosse persino autocensurato. Una fonte di documenti preziosi, questa, che si alterna nell’abilissimo montaggio di Chiara Ronchini ai filmati d’epoca e a immagini odierne, per raccontarci in modo appassionante la storia di un grande sportivo, di una grande ingiustizia subita e di una rivincita postuma (Leone è morto nel 1983, a Milano, dove lavorava come portiere di uno stabile). Una vicenda sempre attuale che invita a riflettere, per una volta, sul razzismo non tanto nei confronti dello straniero, ma nei confronti dei propri concittadini, e a ricordare gli italiani neri che hanno fatto la Storia, perché – come dice Valeri con grande efficacia – “se un nero non può diventare bianco, possiamo provare a fare questo Paese più nero”.

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