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CANNES 2017 Un Certain Regard

En attendant les hirondelles: tre in uno, tutti algerini!

di 

- CANNES 2017: Karim Moussaoui rivela le sue doti di cineasta in un primo lungometraggio che giustappone tre storie finemente legate a un unico paese

En attendant les hirondelles: tre in uno, tutti algerini!
Mehdi Ramdani e Hania Amar in En attendant les hirondelles

"Voglio rientrare in Francia. Non capisco come funziona qui, tutto è complicato”. Il “qui” in questione è l’Algeria, un territorio spesso percepito in modo nebuloso dall’estero, in particolare a causa di un relativo deficit di rappresentazioni cinematografiche del paese nelle vetrine più prestigiose della settima arte. E tuttavia, quella che all’esterno appare come complessità, è per gli algerini un modo di vita totalmente familiare, nel quale regna una forte propensione ai giri di parole e a tacere i segreti. A questo paese e alla questione del cambiamento, nei suoi aspetti di impossibilità, di possibilità intraviste e di passaggio all’azione sciogliendo i nodi del passato, Karim Moussaoui dedica il suo primo lungometraggio, En attendant les hirondelles [+leggi anche:
trailer
intervista: Karim Moussaoui
scheda film
]
, presentato nella sezione Un Certain Regard del 70° Festival di Cannes.

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Anziché scegliere un’unica storia emblematica, il cineasta ha optato per la via della polifonia, con tre racconti composti da una trama scarna, ma molto fluida, e totalmente sincronizzati tematicamente. Una scommessa difficile per un esordio alla regia, che tuttavia il regista riesce a vincere con grande facilità, grazie ad un eccellente copione (co-sceneggiato con Maud Ameline) e all’ottima qualità della messinscena, che gioca con abilità su una potente rappresentazione dei paesaggi attraversati in macchina dai protagonisti per quasi tutto il corso del film.

L’Algeria del film è innanzitutto quella della capitale, dove, su richiesta dell’ex moglie Lila (Sonia Mekkiou), insegnante alle soglie della pensione, l’uomo d’affari Mourad (Mohamed Djouhri) tenta invano di fare la predica al figlio che ha deciso di rinunciare agli studi di medicina, prima di commettere, la notte seguente, egli stesso un atto di codardia, quando assiste ad un pestaggio senza intervenire né chiamare i soccorsi. Questo primo episodio sul profumo scomparso dell’idealismo (“non ho saputo resistere”, “quando non si capisce il mondo, bisogna appoggiarsi sulle forze esistenti”, leggere il giornale mi deprime, non cambia niente”) passa con destrezza il testimone a un secondo capitolo, dedicato agli amori contrastati delle giovani generazioni. L’autista Djalil (Mehdi Ramdani) conduce a Iskra un padre che deve sposare sua figlia Aïcha (Hania Amar), ma un’intossicazione alimentare lungo la strada lascerà i due giovani soli per una notte: apprendiamo quindi che si conoscevano già e che un tempo si sono amati… La terza storia evoca invece l’epoca della “sporca guerra” e il suo peso sul presente, sulle tracce del medico radiologo Dahman (Hassan Kachach), che si trova faccia a faccia con un episodio del proprio passato, incarnato da una donna violentata (Nadia Kaci), che ha poi avuto un bambino muto e privo di identità.

La realtà estremamente sfaccettata dell’Algeria, che potrebbe facilmente declinarsi in altri corti dello stesso calibro, dà soprattutto al cineasta l’opportunità di mostrare il suo vero potenziale, la finezza con cui cura i piccoli ma significativi dettagli, che finiscono per formare un quadro generale molto evocativo del paese, la regia elegante completata dalla bellezza della fotografia, firmata da David Chambille, e un notevole talento per mescolare la musica al racconto, con Bach nella colonna sonora e due scene nelle quali vengono ripresi alcuni musicisti.

Prodotto dalle società francesi Les Films Pelléas e Arte France Cinéma, coprodotto dalla tedesca Niko Film e dall’algerina Prolégomènes, En attendant les hirondelles sarà distribuito in Francia da Ad Vitam e sul mercato internazionale da MK2.

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(Tradotto dal francese)

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