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FILM Croazia / Bosnia-Erzegovina

Dead Fish: un mosaico post-bellico di destini umani in una città divisa

di 

- La terza opera di Kristijan Milić è un’esplorazione nella vita dopo la guerra che ricorda Short Cuts di Robert Altman, in anteprima mondiale al concorso per film croati del Festival di Pola

Dead Fish: un mosaico post-bellico di destini umani in una città divisa

La cosa più difficile delle guerre non sono i bombardamenti o la morte che si nasconde dietro ogni angolo. No, ogni guerra lascia i sui segni sulle persone che rimangono nel limbo del disturbo post-traumatico da stress e della frustrazione, alla ricerca di una vita che possa definirsi “normale”. Alcuni ce la fanno, altri no. Alcuni si rifugiano nell’alcol, altri no. In alcuni casi funziona, in altri no. Alcuni trovano la forza per continuare a vivere, altri si arrendono e si tolgono la vita. Dead Fish [+leggi anche:
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, l’ultimo film di Kristijan Milić e première mondiale al Pula Film Festival, guarda da vicino le cicatrici che la guerra di Jugoslavia ha lasciato sulle persone e le conseguenze a lungo termine sulle città e sui paesi.

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La storia, basata su una serie di brevi narrazioni di Josip Mlakić e adattate da lui stesso nella sceneggiatura, è costruita alla maniera di Short Cuts di  Altman, e segue un gruppo di veterani di guerra e di persone più giovani, in entrambi i lati della città, mettendo in mostra tanto le conseguenze visibili e devastanti della guerra, quanto quelle a lungo termine, nascoste sotto la superficie delle cose, cogliendo allo stesso tempo lo spirito del tempo e questioni universali. Alcune di queste storie e personaggi sono meglio sviluppati; ad esempio, nella prima metà del film, un uomo conosciuto come “il professore” e interpretato da Dragan Despot è fondamentalmente il protagonista, il cui suicidio ricompone tutti i pezzi del mosaico, mentre altre storie sono solo dei bozzetti con personaggi meno delineati.

D’altro canto, Kristijan Milić cerca in ogni modo di tenere unite le fila del film e mantenere alta l’attenzione del pubblico per oltre due ore, il che può risultare difficile quando si cerca di legare molte storie differenti. Dopo due film di genere, The Living and the Dead (2007) e Number 55 [+leggi anche:
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(2014), questo è il primo tentativo del regista di realizzare un’opera dal movimento più controllato, e lo fa con un buon senso del ritmo, aggiungendo di tanto in tanto dei picchi di azione in un film dal tono altrimenti misurato. Sono evidenti, seppur sottotraccia, i riferimenti visivi a Jarmusch e Hitchcock e sono spesso citati Non è un paese per vecchi dei fratelli Coen e Il settimo sigillo di Bergman, che provocano uno straniante effetto ironico e rendono Dead Fish un film piacevole da vedere nonostante la profondità, una pausa meditativa del regista nel suo lavoro sul tema della guerra.

Il film è stato girato a Mostar, un comune della Federazione di Bosnia ed Erzegovina, ma il suo nome viene pronunciato raramente. I luoghi scelti sono unici e riconoscibili tanto a chi è del luogo tanto ai turisti stranieri e la storia di questa città divisa potrebbe essere applicabile a molti altri posti di tutta la Bosnia e dell’ex Jugoslavia. La delicata fotografia in bianco e nero di Mirko Pivčević crea un mood cupo e triste, sostenuto dalle note vagamente jazz di Andrija Milić.

Dead Fish è stato prodotto dalla Eurofilm di Zagabria e dalla Oktavijan di Mostar con il sostegno del Croatian Audio-Visual Centre (HAVC) e dei Fondi per la Cultura del cantone di Sarajevo.

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(Tradotto dall'inglese)

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