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FESTIVAL Grecia

Il cinema europeo all’ombra del Partenone

di 

La proiezione di Persepolis [+leggi anche:
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, il cartoon in b/n di Marjane Satrapi e Vincent Paronnaud premiato a Cannes (Focus), ha aperto ieri sera l’Athens International Film Festival , che fino al 30 settembre porterà nella capitala greca il meglio della produzione cinematografica internazionale.

Articolato in sei sezioni – senza contare le retrospettive (Max Ophüls, nel cinquantenario della morte, e l’indiano Buddhadeb Dasgupta), gli omaggi, e i programmi speciali – il festival festeggia la 13a edizione con un programma molto attento al cinema europeo.

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In concorso, giudicati da studenti di cinema di tutt’Europa, molti sguardi al femminile: dalla ventisettenne Céline Sciamma, parigina, che in Naissance des pieuvres [+leggi anche:
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(visto al Certain Regard di Cannes) s’accosta pudica al desiderio delle adolescenti, all’attrice olandese Tamar van den Dop, che esordisce alla regia con Blind [+leggi anche:
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, co-produzione tra Paesi Bassi, Belgio e Bulgaria.

In “Music and Films”, dedicata al rapporto tra le sette note e la settima arte, Atene brucia sul tempo Roma ospitando Sigur Ròs – Heima, il documentario di produzione islandese (ma diretto dal canadese Dean DeBlois) annunciato negli Extra della Festa del Cinema capitolina.

Ma è soprattutto in Panorama, la sezione non competitiva del festival, che l’Europa dilaga: da In memoria di me [+leggi anche:
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di Saverio Costanzo (già in concorso a Berlino) agli irlandesi Once di John Carney e Garage [+leggi anche:
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di Lenny Abrahmson. Dalla Francia, Avant que j’oublie [+leggi anche:
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di Jacques Nolot e Boxes [+leggi anche:
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di Jane Birkin condividono spunti autobiografici e commozione, mentre lo svedese Roy Andersson porta ad Atene You, the Living [+leggi anche:
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(a “soli” 7 anni dal film precedente, un record per quest’autore poco prolifico).

In ordine sparso, dalle altre sezioni, anche Milky Way del talento magiaro Benedek Fliegauf, il disturbante A l’intérieur [+leggi anche:
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di Alexandre Bustillo e Julien Maury, l’hitchcockiano Hallam Foe [+leggi anche:
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di David Mackenzie. E ancora classici restaurati, guilty pleasures (nella sezione Grindhouse dedicata al cinema di genere più estremo), cortometraggi. E un film di chiusura – I’m Not There di Todd Haynes – all’altezza del resto del festival.

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