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Aurelio Grimaldi - regista

Intervista

Il regista presenta una trilogia sul caso Moro e la storia delle Brigate Rosse a partire dal 1986

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di Federico Greco e Mazzino Montinari

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che in un set romano erano già cominciate le riprese di un altro film sul caso Moro. In un anno, quello di Aurelio Grimaldi è il terzo progetto cinematografico che riguarda il terrorismo e il rapimento e omicidio dello statista democristiano. E se Renzo Martinelli con Piazza delle Cinque Lune [+leggi anche:
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ha puntato sui misteri con esiti piuttosto deludenti, mentre Bellocchio ha raccontato le vicende dei brigatisti con rigore poetico e sguardo intimista, Grimaldi sta realizzando un film ambizioso dai connotati politici più espliciti ed articolato addirittura in tre parti distinte. Una trilogia, dunque, che prevede tre episodi di circa 80 minuti l'uno: la storia del rapimento e della prigionia di Aldo Moro; quegli stessi 55 giorni visti però dall'esterno del covo dove i brigatisti tenevano in ostaggio il presidente della Democrazia cristiana; le vicende giudiziarie dei terroristi e la loro vita in prigione un anno e mezzo dopo il tragico esito del rapimento Moro.

"E' dal 1986 - ha spiegato Grimaldi - che ho pensato seriamente di occuparmi del caso Moro e della storia delle Brigate Rosse. Non ero ancora un regista e non sapevo se me ne sarei occupato come scrittore o, appunto, cercando di farne un film. Dopo tanti anni di studio e di vane ricerche per finanziare il progetto, finalmente il gruppo Pasquino ha trovato i fondi necessari per iniziare le riprese. Nel frattempo quello che doveva essere il racconto del rapimento di Moro si è ampliato perché si faceva sempre più urgente narrare l'Italia in quei 55 giorni che cambiarono il volto di un intero Paese. E poi diventava fondamentale raccontare anche quello che lo Stato ha fatto nel bene e nel male ai danni dei brigatisti quando questi vennero arrestati e incarcerati. Storie di violenze e di diritti negati che devono essere mostrate senza timore, soprattutto dopo i fatti di Genova e del G8 del luglio 2001".

Il set che ricostruisce il covo dei brigatisti nel quale fu tenuto prigioniero Moro si trova a Londra. Una stranezza, ma fino a un certo punto. La trilogia di Grimaldi si realizzerà grazie a una coproduzione anglo-italiana. E' il produttore esecutivo Mario Mazzarotto a esporre i motivi di questa collaborazione che non si fermerà a questo film ma che proseguirà con altri progetti (a novembre inizieranno le riprese di Albergo Empedocle, opera prima in costume del regista e scenografo Manuel Giliberti, tratta da una novella di Foster e ambientata tra Agrigento e Londra). "Seguo il lavoro di Aurelio da molti anni e quando il gruppo Pasquino mi ha fatto una proposta in merito ad un film su Aldo Moro ho accettato con entusiasmo. Inoltre, in questa proposta era inclusa una collaborazione per più film con una produzione inglese. Questo significa lavorare con attori del livello di Roshan Seth, che in questa pellicola interpreta Aldo Moro, e da un punto di vista economico comporta la possibilità di sfruttare le leggi vigenti in Inghilterra, come ad esempio la defiscalizzazione per le imprese che si occupano di cinema. A questo va aggiunto che la coproduzione permetterà un'uscita internazionale del film, distribuito in una doppia versione, italiana e inglese".

Nel cast, oltre al grande Roshan Seth, sono presenti tra gli altri Pino Micol, Guia Jelo, Gaetano Amato, Sebastiano Lo Monaco, Arturo Paglia, Craig Fairbrass e Steffan Boye, il quale si è detto emozionato per avere la possibilità di recitare accanto a un mostro sacro come Seth.

Intervista - Aurelio Grimaldi

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