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The Office, Spiral: tour of European TV shows, American style

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- A lack of resources, ambition or originality mean that national TV series across Europe pale into insignificance beside hugely successful American shows. There are however some exceptions that are on the cards to become founders of a new standard to aspire to - provided that they know how to profit from Europe’s localised diversity

Scarsità di mezzi, di ambizione o di originalità, le serie nazionali in Europa fanno brutta figura di fronte a successi americani come “Dr House” o “Dexter”. Eppure, alcune serie TV come l’inglese “Skins” o la tedesca “Lolle” necessitano solo di crescere. A condizione di saper approfittare della diversità del pensiero europeo.
«Le industrie nazionali europee sono chiuse in se stesse», stima Sullivan Le Postec, autore e redattore della webzine Le Village.
In Europa non vi sono fiction che oltrepassano i confini nazionali. Solo gli Stati Uniti sono riusciti a concettualizzare «un’ondata culturale comune a tutta l’umanità». Secondo Le Postec è un divario culturale difficile da colmare, poiché «i dirigenti delle reti TV non hanno le ricette in mano». La cosa peggiore è che le fiction che riescono a “emigrare” sono di rado le migliori: “Sous le Soleil” (“Sotto il Sole”), “l’Ispettore Derrik”, “Hélène e i suoi amici”… Queste serie ruotano attorno a caratteristiche nazionali comuni, vanno oltre gli stereotipi, senza rendersi conto di tutta la ricchezza di un paese.

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Inventiva congelata

L’esempio francese è rivelatore. Nonostante le competenze sviluppate durante gli anni ’60 e ‘70, la Francia produce adesso serie TV poco originali e inadatte al mercato internazionale. La colpa è la privatizzazione delle reti? È il caso della “fiction pantofola”, caratterizzata da una totale assenza di rischio. «Piano piano, gli anni di appiattimento verso il basso hanno spazzato via le competenze acquisite nel passato», lamenta Sullivan Le Postec. La Francia ha inoltre ripreso i format stranieri: la sceneggiatura e i dialoghi di “R.I.S”. sono pressoché copiati dalla prima versione italiana. Esistono inoltre diversi remake delle serie del Quebec (“Les Bougon”, “Les Invincibles“). In realtà, le serie statunitensi non hanno mai rimpiazzato le serie europee, hanno semplicemente occupato un nuovo spazio culturale trascurato.

Quando l’Europa ispira gli USA

L’Europa, nonostante tutto, produce una fiction di qualità che gli Stati-Uniti non esitano a riutilizzare. Dopo sessant’anni di esistenza, l’industria statunitense delle serie TV ha raggiunto un alto livello di sviluppo e adesso è nella logica dell’esportazione. Vende i suoi migliori format a tutto il mondo, ma s’impregna anche dei suoi contenuti. Ad esempio per la Gran Bretagna, le serie TV “The Office”, “Life on Mars” e “Eleventh Hour” sono state rimaneggiate con successo dai produttori americani. Secondo Sullivan «il Regno Unito produce la miglior fiction televisiva in Europa, in concorrenza con la produzione statunitense». Dinamica, inventiva, con una punta di realismo sociale, la fiction inglese punta sempre sugli strati sociali svantaggiati, senza ipocrisia, tanto nelle serie di fantascienza che nelle sit-com e nelle soap. “Skins” ne è l’esempio lampante: la serie debutta nel 2007 e segue la vita degli adolescenti nel Sud-Est dell’Inghilterra e non ha difficoltà ad affrontare temi controversi come l’omosessualità, l’anoressia o la tossicodipendenza. La Germania non rimane a guardare: il più grande paese europeo ha prodotto grandi fiction popolari a sfondo sociale o storico (“Lolle” è stato acclamato dalla critica). Ogni Länder ha un proprio sistema di produzione, e questo aiuta a promuovere una reale diversità regionale. Per quanto riguarda la fiction nordica, propone un approccio più duro rispetto all’immagine della fiction britannica. “Millenium”, l’adattamento svedese della celebre trilogia letteraria di Stieg Larsson, è un buon esempio di serie che unisce competenze locali e universali.

Lo sceneggiato: un savoir-faire europeo

Le soap-opera sono nate in Europa, niente di estraneo alla nostra cultura dunque, fin dall’origine delle serie. Ma per riuscire a far concorrenza all’onnipresente fiction americana, i paesi devono oggi passare per le coproduzioni. Il canale francese Canal+ è riuscito a finanziare nuove fiction attraverso coproduzioni internazionali, spesso scritte da sceneggiatori americani e finanziate da reti TV europee. Tra queste “Spirals”, diretta inizialmente dalla BBC, o miniserie come “I Borgia”, una coproduzione che sta per essere diffusa in Irlanda, Canada e Ungheria.
«Si strilla al plagio quando vi sono dei rimandi comici o di altro genere alla cultura americana, ma esiste una differenza tra il copia-incolla e lo scambio culturale», spiega Le Postec. Alcune caratteristiche universali possono essere riprese e assimilate dalle culture locali. Se l’Europa vuol produrre serie di qualità, allora deve essere in grado di «carpire agli Stati Uniti parte di una cultura che gli è propria». Si tratta solo di guadagnarsi un posto riuscendo a produrre fiction che uniscano qualità e popolarità. Ne esiste già una (“Dr. Who” in Inghilterra fa record d’ascolti). I paesi europei devono ora sfruttare le peculiarità locali per riuscire ad affrontare tematiche transnazionali. Dopotutto, « gli Stati Uniti, questo Stato-continente, riescono ad appassionare tutta la popolazione con approcci locali e temi globali». E allora, quando vedremo “I Soprano” svedesi, o un “Breaking Bad” tedesco o anche un “True Blood” spagnolo?

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