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Aspetti legali dei diritti digitali

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- Robert Blamires spiega alcune definizioni dei diritti dei nuovi media per quanto riguarda l'utilizzo del digitale sul web, nella telefonia mobile, in TV, IPTV e servizi on-demand.

Robert Blamires è avvocato esperto in media digitali alla FIELD FISHER WATERHOUSE LLP.

Come definisce i nuovi media?
In generale, quando si parla di nuovi media si parla di contenuto digitale. Rispetto ai media tradizionali è necessario delineare il tipo di piattaforma, il luogo e il time shifting.
Pensiamo alla battaglia tra Betamax e Sony negli anni ’80 sui formati VHS; grazie ai dispositivi per il cambiamento di formato si è arrivati ai video giochi.
Si deve cominciare a considerare la concessione di licenze e ciò che rende tanto eccitanti e interessanti i media digitali per le società che se ne occupano. L’aspetto più importante è la distribuzione: si può raggiungere un numero enorme di persone con un semplice clic. Oggi si cominciano a vedere diverse opportunità di guadagno.

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Come definisce i diritti di proprietà intellettuale?
In modo abbastanza generico, si potrebbero definire un ampio insieme di diritti legali connessi a uno specifico tipo di lavoro. Ma il principio fondamentale dei diritti di proprietà intellettuale è il fatto che non si protegge l’idea in se stessa, ma la sua espressione. Per esempio, un libro può essere protetto solo quando è già stato scritto. Si tratta di diritti propri di qualsiasi autore, dai programmatori di software agli artisti, dipende anche dal tipo di lavoro creato.
Un fattore cruciale è poi il concetto di monopolio dei diritti: l’opportunità di sfruttare la propria creazione o quella di cui si sono acquistati i diritti escludendo gli altri.
Un altro aspetto importante è la possibilità di garantire i diritti a favore di altri, i quali pagando possono sfruttare i diritti al posto del proprietario. Sono questi i due aspetti fondamentali dei diritti di proprietà intellettuale: l’abilità di sfruttare i diritti e l’abilità di escludere altri dal godimento di tali diritti senza autorizzazione.

Qual è il diritto di proprietà intellettuale nel caso del contenuto mediatico?
I diritti d’autore. Ogni contenuto mediatico è fatto di diversi elementi. In un lavoro di animazione, per esempio, possono esserci le interpretazioni, le voci, la musica (sia creati appositamente per gli scopi di quel media sia già esistenti); ognuno di questi aspetti può essere tutelato e sottoposto a licenza.
È importante avere la certezza che il produttore abbia tutti i diritti del contenuto prima di cominciare a sottoporlo a licenza. Inoltre, ci sono alcuni principi generali; per esempio, di solito i diritti d’autore appartengono al creatore del contenuto. Tuttavia, c’è un’eccezione: a meno che non esista un contratto che dica altrimenti, i diritti di un lavoro creato da un dipendente appartengono al datore di lavoro; al contrario, se si commissiona a terzi la creazione di un lavoro, i diritti di quel lavoro appartengono a chi l’ha creato, a meno che non sia specificato nel contratto che il proprietario dei diritti è il committente.
Nel settore musicale ci sono molte difficoltà; in una performance musicale infatti ci sono diversi diritti che il produttore deve approvare prima di usarla. Esistono varie società di gestione dei diritti d’autore che semplificano questo processo, ma tendono a concentrarsi su un particolare diritto o area e il processo di autorizzazione non è sempre semplice.

Come funzionano i diritti di proprietà intellettuale nel settore della distribuzione?
Sia chi concede licenze, adeguatamente remunerato, sia chi le riceve, purché abbia i diritti specifici, cerca di distribuire contenuto su quanti più media possibili. Ma nel momento in cui si comincia a guardare ai media digitali, e alla distribuzione del contenuto attraverso diverse piattaforme, la cosa può diventare più problematica. Bisogna assicurarsi di garantire esattamente i diritti che si vogliono.
Dal punto di vista delle licenze, le cose da considerare attentamente sono la piattaforma e l’apparecchiatura È necessario comprendere alla perfezione i meccanismi di diffusione e la tecnologia della piattaforma o del servizio per definire le licenze correttamente.
È inevitabile che tutte le parti coinvolte abbiano prospettive diverse su quali diritti si stanno concedendo o ottenendo, e che abbiano anche una diversa comprensione dei termini usati; non si fa riferimento solo ai termini generici. I più insidiosi sono “motion pictures” e “diritti accessori”; quest’ultimo può comprendere qualsiasi cosa, dai diritti sui manifesti a quelli sui DVD o sui video on demand online. Nel momento in cui si prendono in considerazione i nuovi media queste espressioni non risultano particolarmente utili.
Un esempio di come una licenza scritta male può causare problemi è il caso di Arena. DFL, la lega calcio tedesca ha venduto la “pay tv” e la “free tv” a Bundesliga matches per 220 milioni di euro per pagare il tv provider Arena. Poi, DFL ha ceduto i diritti “Internet” a Deutsche Telekom per 45 milioni di euro. La Deutsche pretese di includere nella definizione di “diritti internet” il diritto di trasmissione via cavo e satellite, che finì con la violazione della licenza esclusiva concessa ad Arena da parte della DFL.
Benché le parti avessero speso una notevole quantità di denaro per la causa, pronti a portare il caso in tribunale, raggiunsero un accordo. La Deutsche Telekom accettò di non trasmettere via cavo e via satellite a una tariffa ridotta. Il risultato dell’accordo fu fondamentalmente quello di guadagnare meno di quanto si pensasse. È molto importante che il contratto sia steso correttamente e che si discuta dei nuovi media, e che tutte le parti sappiano quale sia l’oggetto del contratto, che si tratti di contenuti su telefoni cellulari, online, “pay-per-view” e così via. Chi concede le licenze dovrebbe cominciare a limitare l’oggetto delle concessioni, e viceversa, chi riceve la licenza a limitare ciò che riceve, e, dal momento che, ovviamente, tutte le parti coinvolte intenderanno in modo diverso i termini specifici, è necessario che questi vengano definiti chiaramente nel contratto e che tutti comprendano quali diritti vengono concessi.

Quali sono i termini e le definizioni che possono essere usati nella concessione di diritti nell’ambito dei nuovi media?
Si parla di diversi strumenti che possono essere usati in combinazione per produrre una buona licenza, perciò una concessione includerà alcune di queste opzioni.
Probabilmente la definizione più adeguata ai media vecchi e nuovi è la distinzione tra lineare e non lineare, in cui il primo termine si riferisce alla fruizione tradizionale dei media in base a dei programmi stabiliti, gli utenti stanno seduti davanti alla tv, per esempio, e guardano i contenuti trasmessi dall’emittente; il secondo termine, invece, più vicino ai nuovi media, si riferisce al fatto che il consumatore sceglie da solo il contenuto, che perciò è trasmesso solo se richiesto.
Questa distinzione riflette diversi modelli di business, tipi di convenzioni sulle entrate per quanto riguarda il download, la proprietà e il noleggio.
La licenza può essere definita dal servizio stesso; cosa che probabilmente risulterà appetibile per chi concede la licenza, offrendo a un distributore o a un editore il contenuto da rendere disponibile, come SkyPlus nel Regno Unito. In questi casi tuttavia le licenze possono risultare problematiche perché il contenuto potrebbe subire lievi variazioni in fase di diffusione.

Come definisce il windowing?
Il Windowing è un po’ diverso, si tratta di scaglionare la licenza e rendere il contenuto disponibile inizialmente all'uscita del film, per poi renderlo disponibile in DVD e in tv, in modo che i consumatori abbiano la possibilità di accedervi attraverso formati diversi e in momenti diversi.

Come definisce il modello al dettaglio?
Non è che un altro modo di abbozzare la licenza. Ciò che spesso leggiamo nella bozza è come l’utilizzatore pagherà per il contenuto e come il proprietario lo renderà disponibile.
I diritti di proprietà intellettuale non sono un concetto astratto, ma diritti fondamentali nel business dei media, senza tali diritti non esiste alcun modello di business. I diritti sul contenuto escludono la possibilità che altri ne facciano un uso improprio, e sfruttarli personalmente è l’unico modo che il possessore dei diritti ha per ricavarne profitto. E poi è importante delineare le licenze nel modo più chiaro possibile.

Se confrontiamo le leggi in vigore in Europa e quelle nel Regno Unito, quali le sembrano le più adatte ai media digitali?
La legge migliore per i nuovi tipi di media è la Direttiva sui servizi dei media audiovisivi adottata dalla Commissione Europea. La sua applicazione dipende da ciascun stato membro che deve recepire la direttiva nel proprio sistema legislativo.

Per quanto riguarda il placeshifting, se vivo nel Regno Unito e vado all’estero con tutti gli strumenti necessari e guardo un contenuto da un altro paese oppure su Slingbox, non c’è un conflitto con i diritti territoriali?
Quello dello Slingbox è un caso molto interessante, e in teoria devo rispondere di sì alla domanda. Anche prima del lancio di Slingbox, rendere contenuti disponibili online era una questione complessa perché non si tratta di trasmettere un contenuto come avviene in tv, ma di diffonderlo in tutto il mondo.

Qual è il più interessante tipo di protezione, la convenzione di Ginevra o il progetto europeo di tutela dei diritti?
I marchi e la registrazione secondo la convenzione di Ginevra sono costosi. Mentre il progetto europeo per i diritti è più abbordabile, e quale dei due sia il migliore dipende dalla propria situazione e dalla quantità e disponibilità delle risorse.

Lei suggerisce di evitare termini ed espressioni troppo generici come “tutti i media” e di specificare sempre, ma come pensa che ci si potrà tutelare dai media che saranno inventati in futuro?
Chi concede la licenza non sarà troppo entusiasta se l’acquirente del contenuto userà l’espressione “tutti i media”, si potrebbe scoprire che non necessariamente tutti i media e tutte le piattaforme saranno coperte.
In Spagna, per esempio, non è possibile includere dispositivi che potrebbero essere disponibili in futuro. Nel Regno Unito invece si possono concedere licenze per diritti riguardanti il futuro, e anche cedere diritti su un lavoro che non è ancora stato creato.

Traduzione italiana: Margherita Cavallo.

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