Arab Spring
di Antonia Naim
In occasione della prima conferenza regionale del Programma Euromed Audiovisuel III (Tunisi, 14-15 Novembre 2011), Cineuropa pubblica il dossier Arab Spring
In occasione delle prima conferenza regionale del Programma Euromed Audiovisuel III (Tunisi, 14-15 novembre 2011), Cineuropa vi presenta il resoconto della tavola rotonda Coproduire en Méditerranée, svoltasi durante il 33esimo festival Cinemed di Montpellier, e le interviste ad alcuni cineasti testimoni delle rivoluzioni nei paesi arabi.
Le rivoluzioni arabe hanno dato vita ad ogni sorta di immagine, riprese spesso nel disordine dai media del mondo intero, diffuse sui social network, attraverso i telefoni cellulari, su Internet… Ma, in questa effervescenza, quali immagini hanno catturato i cineasti, quali sono i loro progetti e le loro attese? Dopo un breve excursus, abbiamo chiesto ad alcuni cineasti provenienti dai paesi in rivoluzione di precisare il loro cammino e le loro prospettive.
Nell’urgenza
«Ho passato otto giorni a Tahir, noi non abbiamo veramente avuto il tempo di reagire, ecco perchè sono i cineasti stranieri, più distaccati, come Stefano Savona, che hanno filmato l'avvenimento», spiega il cineasta egiziano Ibrahim El Batout che ha ripreso totalmente in clandestinità la rivolta del quartiere Ain el Shams nel 2006. Il film venne censurato. Tahani Rached, documentarista egiziana, ha raccontato al FID (Festival internazionale del documentario) di Marsiglia (luglio 2011), che molti dei cineasti erano in piazza Tahrir ma non filmavano. Volevano, sopra ogni cosa vivere quel momento di storia. « E' stata piuttosto la gente comune che ha catturato delle immagini, creando così uno sguardo critico che ha messo in discussione il lavoro dei registi».
In Tunisia, Hichem Ben Ammar e gli altri registi si sono rifiutati di filmare, alcuni rivendicando un'attitudine iconoclasta, altri, come Nouri Bouzid, per l'impossibilità di girare quacosa che non sia della fiction.
D'altro canto, Yousri Nasrallah, Amhad Abdallah, Kamla Abou Zikri tra gli altri, hanno deciso di girare d'urgenza una fiction sulla rivoluzione egiziana, l'opera collettiva che 18 jours, mentre tre giovani cineasti egiziani, Tamer Ezzat, Amin Ayten e Amr Salama, hanno firmato Tahrir 2011, documentario che è destinato a « allontanarsi da ogni ideologia ». Le affermazioni di Safah Fathy - che ha raccontato, sempre al FID, di avere filmato la rivoluzione con una telecamera che era come « una protesi », che l’ha obbligato a utilizzare un'altra estetica, altri contesti, e una logica di verticalità - possono spiegare questa attitudine: « La storia si è prodotta a prescindere da noi, il dramma si è costruito […] Dove finisce l'informazione, il reportage, e dove comincia il film?». Così, il regista tunisino Mourad Ben Cheikh ha filmato a caldo delle immagini che si sno più vicine al reportage che al cinema ; sono testimonianze militanti sulla rivoluzione, di un impegno che viene da dentro.
Un film per una vita
In Siria, la repressione sanguinosa e gli arresti arbitrari – il giovane cineasta Chadi Abou El Fakhr, funzionario ufficiale dell'Organismo Nazionale del Cinema(ONC) è stato prelevato a luglio, mentre il regista Nidal Hassan, arrestato più volte, è scomparso – non impediscono ai siriani di filmare. «E' un film per una vita, alle volte. Un solo film e hanno ucciso… Perché i documentaristi, giovani o meno giovani, hanno il coraggio di andare nei quartieri circondati e si assumono il rischio di catturare immagini, protetti dagli abitanti. Arriveranno presto questi film, alcuni sono già usciti in Siria, altri sono in fase di montaggio proprio ora», spiega la cineasta Hala Abdallah.
Costruire una narrazione
Resta il problema della distanza, quando si è allo stesso tempo cittadini e cineasti. Poiché filmare il reale, mettere in scena la storia, testimoniare o costruire una narrazione, é possibile anche da entrambe le posizioni. La questione dello sguardo, dello statuto dell’immagine, della distanza, del linguaggio cinematografico opposto alle immagini immediate scaturite dall'urgenza è al centro delle domande di molti cineasti, per i quali la creazione non può limitarsi alla testimonianza.
In Siria, come si leggerà più avanti, la tendenza del collettivo di cineasti Abounaddara è di protestare contro la repressione realizzando una serie di cortometraggi che utilizzano dei codici cinematografici ed estetici forti.
In Tunisia, alcuni cineasti hanno filmato già da qualche anno gli emarginati, la disperazione degli operai di Ghafsa e qualche volta in piene riprese sono stati sorpresi dalla rivoluzione, come Nadia El Fani girando il suo ultimo film Laicité Inch’Allah.
Ci vuole tempo per il cinema, per la creazione, tempo per il cambiamento. Del denaro anche, il regista e produttore egiziano Karim Gamal El Din, che ha ripreso il leggendario Studio Misr sottolinea come in Egitto ogni film sia un'avventura. « Noi non abbiamo nessun aiuto, ci battiamo per i nostri film, si calcola al centesimo cosa ci serve e non aspettiamo mai di avere tutto il budget. La diffusione é un problema, siamo 85 milioni in Egitto e abbiamo meno di 300 sale cinematografiche per non parlare del nostro patrimonio di 4000 film che si deteriorano nel deposito del governo… I finanziamenti vanno soprattutto alla televisione. Noi avremo senza dubbio 17 film nel 2011, ben lontani dai 98 film del 1989, la nostra annata migliore, e lontani dall'epoca in cui il cinema arabo era soprattutto in Egitto. La rivoluzione non è finita, è appena cominciata e ne avremo per anni. Ho ripreso questo studio non per fare soldi ma per avere un luogo dove produrre, fare la post-produzione, é una struttura cooperativa, quasi familiare. E' la bellezza del cinema egiziano, alle volte i cineasti non hanno il denaro per pagarci, non è grave, lo faranno al loro prossimo film. Ma c'è la volontà, la creatività, l'entusiasmo che é scomparso nel cinema mondiale diventato ormai una grossa macchina. ».
Leggi il resoconto della tavola rotonda Coproduire en Méditerranée tenutasi al 33esimo Cinemed di Montpellier.
Leggi le interviste ai professionisti del cinema arabo:
Ibrahim El Batout - Cineasta egiziano
Hala Abdallah - Cineasta siriana
Hichem Ben Ammar - Cineasta tunisino
Nadia Kamel - Cineasta egiziana
Mohamed Zran - Cineasta tunisino
Charif Kiwan - Portavoce del collettivo di cineasti siriani Abounaddara
Guarda le video-interviste a tre registi invitati al festival Printemps du cinéma arabe, evento finalizzato a valorizzare la diversità culturale, organizzato dall' Association du Cinéma Euro Arabe e dal cinema parigino la Clef.
Guarda le testimonianze dei professionisti dell'audiovisivo presenti alla formazione EuroDoc, svoltasi in Croazia a luglio 2011.