Yorgos Lanthimos • Regista
L'importanza di pensare per sé
- Nato nel 1973, il regista greco Yorgos Lanthimos firma con Dogtooth il suo terzo lungometraggio dopo My Best Friend (co-diretto con Lakis Lazopoulos nel 2000) e Kinetta nel 2005
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intervista: Yorgos Lanthimos
scheda film]?
Yorgos Lanthimos: Il film evoca diversi concetti, come il futuro della famiglia, il modo in cui le famiglie funzionano e se questo sia destinato a cambiare. Parla dei figli che crescono, delle famiglie greche e della loro tendenza a tenere i figli in casa rendendoli dipendenti dai propri genitori.
Parla anche dell'enorme influenza che l'educazione può avere e di coloro che guidano gruppi sociali in generale – che si tratti di una famiglia o di un gruppo più vasto, o anche di una relazione tra due persone. Come si può influenzare il modo di pensare di qualcuno e fargli credere quello che si vuole, che sia vero oppure no: questo può succedere senza che la persona si renda veramente conto di ciò che accade intorno a sé.
Aggeliki Papoulia (attrice): La storia del film è più o meno la seguente: tre bambini crescono in una casa senza veder mai il mondo fuori, quindi la loro educazione è un po' singolare.
Anche gli attori recitano in modo singolare. E' il risultato di un processo particolare?
Christos Passalis (attore): Il modo in cui abbiamo lavorato non era per niente basato su un'analisi psicologica, o logica. Quello che abbiamo cercato di fare è stato eliminare tutti i "trucchi" che un attore impara durante la sua carriera, o in altro modo. Abbiamo cercato di eliminare questo e di reagire sul momento, per così dire.
Tutto questo è stato fatto entro certi limiti, certo, poiché la storia richiedeva che noi ignorassimo tutta una parte del mondo, cosa che nella realtà non succede. Ma questo era l'unico elemento che meritava di essere messo in rilievo. Per il resto, abbiamo davvero lavorato reagendo gli uni agli altri. Almeno così è stato per me.
Il suo approccio è pessimista o ottimista?
Lanthimos: E' quello di un patriarca: ho sempre desiderato dire questa cosa! [ride] Guarda, la mia impressione è che non ci sia un modo definitivo di vedere il film. Anche durante la scrittura e le riprese, ho cercato di restare molto aperto, perché ciascun spettatore, con la propria esperienza, potesse vedere il film a modo suo. E' per questo che il film è piuttosto aperto, sino alla fine. Il finale, e soprattutto il modo in cui questo è stato filmato, potrebbe evocare una conclusione delle più pessimiste o delle più ottimiste. A dire il vero, è molto interessante vedere come ogni spettatore interpreti la fine del film.
Quello che conta, in generale, è mantenere uno spirito aperto quando si guardano i film, soprattutto questo qui. L'importante è non aspettarsi che venga qualcuno a prendervi per mano per portarvi esattamente dove vuole lui, [dirvi] cosa sentire, cosa pensare, qual è il messaggio esatto in ogni momento, ad ogni scena. Bisogna assorbire il film in maniera interattiva, mettervi la propria personalità quando lo si guarda, o riflettervi dopo.
Che cosa pensate della reazione del pubblico a Cannes?
Papoulia: E' stata molto positiva. Penso che sia piaciuto molto.
Passalis: A giudicare la proiezione ufficiale, l'unica volta che ho visto il film, il bello è stato che le reazioni del pubblico erano molto animate. Li sentivi reagire, cosa sempre molto piacevole.
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