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Xavier Beauvois • Regista

"Più che di religione, si parla di uomini"

di 

- In occasione della conferenza stampa al Festival di Cannes, il regista di Uomini di dio ha risposto alle domande dei giornalisti internazionali

Dopo l'ottima accoglienza da parte della stampa per Uomini di Dio [+leggi anche:
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, presentato in concorso al 63mo Festival di Cannes, il regista francese Xavier Beauvois ha risposto alle domande dei giornalisti. Di seguito, alcuni passaggi.

Come mai si è interessato a questo dramma storico, così distante dai suoi film precedenti?
Xavier Beauvois: Tutto è cominciato con una telefonata in cui Etienne Comar mi chiedeva un parere su una sceneggiatura che aveva appena ricevuto. Ho letto una prima versione e l'ho trovata molto bella, al di là della religione, e allora mi ha confessato che l'aveva scritta lui. Abbiamo rielaborato il testo per adattarlo al mio stile. Mi sono immerso nella vita di questi frati e sono rimasto subito affascinato, stupito, sono diventati parte di me. E' raro, in questo momento e in una società così egoista, trovare persone che si interessano agli altri, alla religione degli altri, persone intelligenti, appassionate, centrate sull'"essere" più che sul "fare". E questo riguarda anche la Francia, dove si cerca di mettere gli uni contro gli altri concentrandosi su false questioni come il burqa per evitare di parlare dei veri problemi. Vedere gente curiosa della bellezza degli altri, della loro religione, mi ha fatto bene. Ovviamente, mi sono ritirato in un monastero e lì le cose si sono imposte da sole. Al momento di girare una scena, mi sono reso conto che non c'era bisogno di muovere la cinepresa: erano tutte inquadrature fisse. Ho fatto miei alcuni principi morali e mi ci sono attenuto per tutto il film.

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Si dice che sia meglio evitare di affrontare tematiche religiose al cinema. Era consapevole di correre un rischio?
Non ho avuto questa impressione. Ci siamo protetti a vicenda, stavamo sempre insieme. In ogni caso, qui, più che di religione, si parla di uomini. Quanto alla fede, ho metà cervello che non crede in niente e l'altra che crede in tutto, perciò cerco di adattarmi.

In che misura ha collaborato con la Chiesa e con le famiglie dei monaci per preparare il film?
Non collaboro con la Chiesa. All'inizio, le famiglie erano piuttosto contrarie ed erano angosciate, ma tranne che con alcune, le cose si sono poi sistemate. Spero che i familiari siano contenti del film.

Le circostanze della morte dei monaci sono molto controverse. Perché ne è rimasto fuori e non le ha filmate?
Non è un fatto di cronaca, ma una tragedia. Ciò che mi interessava era la storia di questi uomini, chi fossero. Non si sa bene che cosa sia successo, è complicato, anche se personalmente pendo per la versione dell'abuso militare. Avevo fatto preparare dei calchi di teste mozzate, ma durante le riprese ho pensato che fosse ridicolo, ho pensato alle famiglie. Ho preferito approfittare di questo tempo folle e della neve, un miracolo capitato al momento giusto delle riprese. Ho letto peraltro che avrei girato in Marocco per ragioni di sicurezza, ma non è così. Amo questo paese e sognavo di lavorarci da tanto tempo. E' un miliardo di volte più facile girare qui che per le strade di Parigi.

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