Filippos Tsitos • Regista
“Per i greci, il disorientamento è una malattia nazionale”
- Incontro con il regista che stigmatizza l'animo dell'uomo greco, con il suo assurdo bisogno di definirsi attraverso la sua nazionalità
Cineuropa: Plato's Academy [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: Constantin Moriatis
intervista: Filippos Tsitos
intervista: Filippos Tsitos
scheda film] evoca un conflitto identitario tra diverse comunità. Perché ha scelto questo tema?
Fillipos Tsitos: E' questo tema che ha scelto me. Sono sempre stato attratto dalle storie di cinquantenni disorientati, e per i greci il disorientamento è una malattia nazionale. Il greco entra in crisi esistenziale quando realizza che Socrate non era suo zio e che Pericle non era suo padre. Un mio amico mi aveva suggerito di fare un film su un greco che apprende di essere in realtà turco, ma ho trovato che fosse troppo politicamente corretto, allora ho cambiato la nazionalità per farne un albanese: la peggior cosa che può capitare a un patriota greco.
Questo racconto si avvicina alla sua esperienza?
La malattia e la crisi esistenziale summenzionate mi sono molto familiari. Al di là di questo, il resto è finzione, tranne l'insonnia, questo fardello che si chiamano "genitori" e il fatto che mia nonna, che aveva avuto un infarto, a volte mi chiedeva: "Scusi, signore, lei chi è?".
Plato's Academy intende riflettere la società greca di oggi?
Plato’s Academy cerca di riflettere l'animo dell'uomo greco, la sua presa di coscienza che la sua vita è vuota e il suo bisogno assurdo di definirsi unicamente attraverso la sua nazionalità.
Il film ha una struttura molto classica in termini di unità di tempo e di luogo. E' così che concepisce i suoi film?
Preferisco raccontare storie che si svolgono principalmente in un luogo e in un lasso di tempo breve, ma sono l'idea e la scrittura che decidono il quando e il dove. In Plato’s Academy volevamo esprimere l'immobilità dei personaggi, la loro letargia, e dare la sensazione che questa vita non va avanti. E' per questo che ci si sposta poco da un luogo all'altro. E, come per i personaggi, i giorni si assomigliano, non si ha l'impressione che il tempo avanzi.
Che cosa rappresenta per lei questa nomination tra i tre finalisti del Premio Lux?
Potrei dire che è un riconoscimento meritato, ma ad essere sincero, in questi tempi così difficili per il cinema d'autore, soprattutto in Grecia, ogni aiuto è il benvenuto! Oggi, fare piccoli film indipendenti in inglese è come nuotare nell'oceano di notte: hai l'impressione costante che potresti annegare da un momento all'altro. Qualsiasi boa che ti aiuti a mantenerti a galla è una grazia.