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Abdellatif Kechiche • Regista

Uno sguardo senza pudori sulle vittime dell'oppressione

di 

- Incontro con il regista di Venere nera, il film che ha fatto discutere la stampa e il pubblico della Mostra di Venezia per le tematiche forti e le immagini crude e disturbanti

Come ha incontrato la figura di Sarah Baartman, la Venere nera?
Abdellatif Kechiche: L'ho incrociata più volte a partire dal 2002, quando il Sudafrica ne ha richiesto le spoglie alla Francia. Avevo anche letto un testo di Diderot su di lei. Mi ha intrigato da subito. E' un personaggio misterioso, per questo mi ha interessato subito. Nel raccontarla non ho seguito un approccio psicologico, l'immagine da sola rivela molte più sfumature della natura umana. E' stata una donna costantemente violentata da tutti: guardandola la gente vedeva solo una caricatura.

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Perché ha deciso di raccontare questa storia?
Credo sia una storia contemporanea. La fine di Sarah è avvenuta poco tempo fa, fino alla fine del XX secolo il suo corpo è stato esibito. Di fronte alle derive odierne dei politici francesi ho pensato fosse necessario ricordare un passato che non è poi così lontano, né tanto glorioso.

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lo rende un film decisamente politico.

Certamente, anche perché dai politici attuali abbiamo sentito purtroppo di nuovo parlare di non uguaglianza delle razze. Si usano discorsi pseudoscientifici per sostenere il ritorno del fascismo in Europa. Il discorso di Cuvier, lo scienziato che studiò il corpo di Sarah paragonandolo a quello dei primati e che divulgò nel 1817 i risultati delle sue ricerche, ha avuto conseguenze catastrofiche in termini di colonialismo e schiavitù delle razze. La Francia di oggi esprime attraverso il suo presidente Sarkozy un disprezzo per il popolo Rom che è arrivato fino all'espulsione. Una sciagura: anche per questo il mio film è così attuale.

Il caso di Sarah accresce la discriminazione perché al razzismo si somma il sessismo.
E' vero che gli uomini hanno oppresso molto le donne, ma una donna nera dal corpo 'diverso' sintetizza tutti i motivi di oppressione. Nel film ci sono entrambi i temi, purtroppo ancora presenti nella società contemporanea. La dominazione degli uomini sulle donne e sui popoli è ancora viva. Sarah mi ha provocato da subito un sentimento di affetto, di tenerezza: vedere i suoi ritratti e il calco del suo corpo mi ha permesso quasi di comunicare con la sua immagine anche perché sono un cineasta e mi nutro di immagini.

Non c'era il rischio di suscitare la morbosità dello sguardo?
Ho voluto indagare l'effetto dello sguardo. La differenza tra lo sguardo individuale e quello collettivo. Cosa vediamo quando siamo in gruppo, qual è invece il nostro punto di vista quando siamo soli. E nel film mostro sguardi affascinati, teneri, pieni di pudore, ilari, bestiali. Non possiamo cambiare lo sguardo degli altri, ma possiamo capire cosa pensano. Come poter cambiare lo sguardo è il tema di tutti i miei film. Siamo continuamente sollecitati dai giornali, dalla tv e dai politici a dirigere lo sguardo in un certo modo, per questo è necessario interrogarsi a fondo sul proprio sguardo. E' una battaglia continua e non ho una risposta.

Che rapporto ha Venere nera con due film come Salò di P.P. Pasolini ed Elephant Man di David Lynch?
Per Pasolini ho un'ammirazione senza limiti, mi sento un suo erede. Invece non vedo possibili legami con Elephant Man se non che parla dell'esibizione dei corpi. E' un film che, pur riconoscendone la grandezza, mi disturba per la sua condiscendenza verso le classi popolari.

Come ha fatto a proteggere la giovane attrice, Yahima Torres, dalla violenza della messinscena?
Tutto è stato molto naturale, gli altri attori l'hanno protetta, hanno lavorato con uno spirito di gruppo, come sempre nei miei film, esprimendo anche dubbi e domande.

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