email print share on Facebook share on Twitter share on LinkedIn share on reddit pin on Pinterest

Álex de la Iglesia • Regista

"Siamo tutti pagliacci"

di 

- Al Teatro-Circo Price di Madrid è stato presentato il nuovo film di Alex de la Iglesia, Ballata dell'odio e dell'amore, film violento, eccessivo e viscerale su un tragico triangolo amoroso

Questa grande produzione del cinema spagnolo che, con l'investimento pubblicitario, ha raggiunto gli otto milioni di euro (“Al festival di Toronto, un giornalista mi ha detto che non ci credeva che era costato solo 20 milioni di euro, che era costato di più. Il fatto è che tutti ci hanno messo l'anima in questo lavoro, alcuni non ci hanno dormito la notte”, afferma il regista) e girata in nove settimane tra Madrid e Levante, esce in Spagna in 300 copie distribuite da Warner.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

Alex de la Iglesia: Ballata dell'odio e dell'amore [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: Álex de la Iglesia
scheda film
]
è la storia di due pagliacci, uno triste, l'altro stupido, giacché non vi è altra scelta nella vita: o sei triste, o sei stupido. Entrambi si innamorano follemente della trapezista e questo amore li porta a una lotta all'ultimo sangue che sfocia in tragedia, perché i loro sentimenti sono condizionati da un passato che genera in loro un senso di colpa, spingendoli verso l'ira e portandoli alla perdizione. Io mi sento così: abbiamo tutti un passato terribile che ci ha segnati e non è colpa nostra, ma lo portiamo scritto nei nostri geni. Bisogna sopravvivere al ricordo; per superarlo bisogna mettere tutti i giocattoli sul tavolo e, rotti che siano, giocarci per esorcizzare i mostri. Una volta che ci siamo divertiti, dobbiamo pensare al perché ci spaventavano tanto. E' questa la storia di Ballata dell'odio e dell'amore.

E' rimasto traumatizzato dai pagliacci quando era piccolo?
I pagliacci sono un simbolo della condizione umana. Siamo tutti pagliacci: ci travestiamo per sopravvivere, nascondendo miserie e paure. Cerchiamo anche di essere sempre gradevoli, in maniera ossessiva: è questo il nostro modo di sopravvivere. C'è una violenza sotterranea continua, giorno per giorno, nello sguardo dei vicini, nei telegiornali, nei quotidiani… che ci obbliga a mascherarci. Perché ci spaventa dialogare, trovare un accordo, riconoscere quando si sbaglia. Per questo ci mascheriamo. E sì, da bambino mi portavano in luoghi sinistri a vedere il circo, che odorava di animali e dove scoprii che Spiderman era un pover'uomo che si travestiva: allora distinsi per la prima volta la realtà dalla finzione, ma mi divertivo lo stesso.

Quando ha scoperto che la Spagna era un circo?
In questo paese viviamo con un'intensità istrionica. In più, non siamo campioni di buon senso. Con il tempo, riconosciamo il talento della gente, ma abbiamo bisogno che la persona sia morta o sia all'estero. Quando Buñuel se n'è andato in Messico, abbiamo cominciato ad apprezzarlo. E questo ci succede non solo nella cultura, ma anche nel pensiero e nella scienza.

Ha cambiato stile con questo film, meno stilizzato e più selvaggio, quasi documentario.
Lo stile risponde alla storia: ognuna va trattata in modo diverso. Questa richiedeva un trattamento crudo, per questo il circo appare così infossato e circondato da una città a pezzi. Ciò lo rende più verosimile. La situazione in cui si incontrano i personaggi non è verosimile: è istrionica e demenziale, non siamo abituati a una finzione simile. Perciò, bisognava girarla più da vicino, in maniera quasi documentaria.

Ma era necessaria tutta quella violenza per mostrare questi sentimenti estremi?
La menzogna, l'ipocrisia, la falsità. E' questa l'origine della violenza, non la violenza in sé. La violenza fa parte del comportamento umano, purtroppo. Tutti abbiamo violenza nel nostro cervello, e il liberarla ed esorcizzarla, il raccontarla è un primo passo verso la soluzione del problema.

Quindi questo film è stato per lei come mettere i giocattoli sul tavolo?
Sì, certo, il bello del cinema è come fare un presepe: giocare con figure di fango e fare in modo che funzioni. Che i morti e i problemi che tieni dentro escano fuori, trovino un ordine, si chiariscano, si classifichino e ritornino nel luogo dove devono stare: così si liberano.

Come presidente dell'Accademia del Cinema, come vede il cinema spagnolo nel 2011?
Come vedo tutto, come la mia stessa vita: molto difficile, con situazioni irrisolvibili, ma con illusione e allegria.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere altri articoli direttamente nella tua casella di posta.

Privacy Policy