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Carmen Prestia • Responsabile diritti stranieri e sussidiari per Newton Compton

"Molti film sono tratti da bestseller, ma non è una regola"

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Un mercato in continua crescita, una sinergia che dà i suoi frutti. Editori e produttori cinematografici si alleano sempre più per dar vita a un proficuo scambio tra libri e grande schermo, a beneficio di entrambi. "Un trend più che organizzato, ormai una pratica comune. Loro cercano noi, e noi proponiamo le nostre opere in anteprima, anche i manoscritti", afferma Carmen Prestia, responsabile diritti stranieri e sussidiari per Newton Compton, una delle maggiori case editrici indipendenti italiane, fondata nel 1969.

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Quali sono le diverse esigenze di editori e produttori cinematografici?
Spesso le storie sono statiche, incentrate più sulla lingua che su personaggi e azioni, e questo è un limite per il cinema. Il produttore propone quindi dei cambiamenti. L'editore però esige che ci sia fedeltà. Per un autore è importante che la propria creazione non venga stravolta, spesso lo chiedono come vincolo contrattuale. Ma quando il produttore acquista i diritti, può rielaborare. Ci sono casi in cui l'editore non può intervenire, al limite si trova un accordo di cortesia.

In che modo la casa editrice tutela il proprio autore?
C'è una clausola molto importante nel contratto: che la sceneggiatura non sia lesiva nei confronti del libro, che non nuoccia alla dignità dell'autore e che non inserisca scene inesistenti o contrarie allo spirito del testo. Talvolta gli scrittori non si riconoscono affatto nel film: è il caso de L'eleganza del riccio di Muriel Barbery, edito da e/o. L'autrice non ha riconosciuto la pellicola e non ha concesso la dicitura "liberamente tratto" dal suo libro. Tant'è vero che il film, in Italia ad esempio, è uscito con il titolo Il riccio.

Spesso il libro è considerato migliore del film.
Il film funge per il libro da cassa di risonanza, come i premi letterari. Ma l'impresa è ardua perché le aspettative del lettore sono spesso disattese. Il testo vince perché consente più sfumature. Penso al recente adattamento di La versione di Barney: nel romanzo, la misoginia del personaggio viene bilanciata da un eloquio ricco, dall'ironia, da spunti geniali che sul grande schermo sono meno in evidenza.

Spesso però lo scrittore partecipa alla scrittura della sceneggiatura, come Roberto Saviano per Gomorra.
A tal proposito, c'è una querelle in corso: alcune case di produzione ingaggiano l'autore, indipendentemente dal contratto con la casa editrice, come sceneggiatore o co-sceneggiatore. Spesso però l'autore è troppo dentro il libro, non ha la distanza sufficiente per permettere al film di avere un respiro più ampio. E questo può creare frizioni.

Avete qualche libro opzionato nel vostro listino attuale?
L'adepto del giornalista Massimo Lugli, pubblicato a febbraio 2011, è stato opzionato dalla Colorado Film di Gabriele Salvatores. E' un thriller che ha come protagonista un cronista di nera, alter ego dell'autore, che indaga su sette sataniche e riti demoniaci. Un'altra fortunata vicenda è quella de Il divoratore di Lorenza Ghinelli, uscito lo scorso gennaio, opzionato da Lotus Production. E' l'esordio letterario dell'anno, una favola nera con protagonisti quattro ragazzini; i diritti di traduzione sono stati venduti per sette paesi europei.

Per diventare un film, un libro deve essere necessariamente un bestseller?
Molti film sono tratti da bestseller, ma non è una regola. Ci sono tanti libri passati in sordina che poi si rivelano efficaci per l'adattamento cinematografico. Così come ci sono bestseller adatti per la tv e non per il cinema. Penso al Montalbano di Andrea Camilleri: in televisione è stato un trionfo, probabimente sul grande schermo non avrebbe funzionato.

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