email print share on Facebook share on Twitter share on LinkedIn share on reddit pin on Pinterest

Jalil Lespert • Regista

Yves Saint Laurent: oltre il mito

di 

- Dopo il successo al botteghino in Francia, Yves Saint Laurent di Jalil Lespert è proiettato alla Berlinale

Jalil Lespert  • Regista

Le due produzioni cinematografihce francesi centrate sulla vita di Yves Saint Laurent hanno destato un grande interesse da parte dell'industria. L'attore e regista Jalil Lespert mostra la prima di queste, Yves Saint Laurent [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: Jalil Lespert
scheda film
]
, con una solida promessa del cinema francese come Pierre Niney nei panni del protagonista. Il film è presentato nella sezione Panorama del Festival del Cinema di Berlino dopo aver riscosso un grande successo al botteghino in Francia. In attesa di sapere come sarà il biopic di Bertrand Bonello intitolato Saint Laurent, Lespert mostra un personaggio ben lontano dalla frivolezza cui spesso si associa il mondo della moda. Lo situa in un contesto storico in cui la lotta per i diritti delle donne potevano essere rivendicati anche attraverso un vestito, e conferisce al personaggio un'aura artistica. Presta inoltre particolare attenzione all'intensa storia d'amore e professionale che ha legato per mezzo secolo il compianto stilista di moda a Pierre Bergé, il quale ha collaborato alla produzione del film.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)
Hot docs EFP inside

Cineuropa: Lei non era esattamente un esperto di moda prima di avviare questo progetto. Dopo il lungo lavoro di ricerca realizzato, che cosa l'ha sorpresa di più della figura di Yves Saint Laurent?
Jalil Lespert:
Il valore sociale del suo lavoro. Lui non concepiva la moda come un insieme di tendenze. Era cosciente di vestire persone in carne e ossa, con una vita attiva. Come Coco Chanel, si rivolgeva a tutte le donne. Ad esempio, metteva le tasche ai vestiti perché erano pratiche, anche se non erano belle. Con i suoi vestiti suggeriva che le donne non erano oggetti e che andavano guadagnando indipendenza e libertà. Non lavorava al servizio della borghesia né dell'aristocrazia. Credo che gli sarebbe piaciuto scoprire che oggi la moda si relaziona più con H&M o Zara che non con i grandi disegnatori. Come personaggio, la sua percezione della vita lo rendeva fragile e per questo sentiva questa necessità di autodistruggersi attraverso droghe e sesso che lo equipara, mantenendo le dovute distanze, a Jim Morrison o Jimmy Hendrix. In un certo modo, anche lui era un poeta. 

E' uscita di recente anche la biografia di Coco Chanel con Audrey Tautou protagonista. Si può dire che il cinema del suo paese stia rivendicando davanti a tutto il mondo il fatto che la moda francese è anche parte della cultura francese?
La cosa affascinante e paradossale della moda è che è un'industria e allo stesso tempo qualcosa di artigianale. Per farla in modo straordinario come lui o come Coco Chanel bisognava essere artisti. Naturalmente è parte della nostra cultura. E' una cosa molto francese e proprio per questo è naturale che ci siano film centrati sulla moda.  Volevo raccontare una storia puramente francese e poterlo fare con una certa profondità. La vita di Yves Saint Laurent me lo ha permesso. Volevo mostrare come un genio che aveva a che fare con le malattie e con i suoi demoni interiori riuscisse a raggiungere tutti i suoi obiettivi. Per far ciò avevo bisogno di un compagno, aprirmi al mondo e non farlo da solo. Ed è qui che subentra Pierre Bergé.

In che modo Pierre Bergé ha collaborato alla creazione del film?
Mi ha fornito un'infinità di documenti visivi. Ma conoscerlo personalmente mi ha aiutato anche a comprendere la profondità del rapporto che c'era fra loro. Un giorno stavamo vedendo insieme un'intervista che Saint Laurent rilasciò quando era giovane e mi ha emozionato vedere Bergé, oltre ottant'anni d'età, indicare lo schermo e dire: "Buona risposta. Così si fa". Parlava al presente, come se stessero ancora insieme e lui fosse seduto lì fra noi. Mi ha dato poi accesso totale alla sua fondazione e agli esperti e commissari artistici che vi lavorano, con i quali ho collaborato in maniera continuativa per affinare la parte più tecnica. 

Le ha fatto pressione il fatto che fosse in preparazione un altro biopic su Saint Laurent, oggetto di uguale attenzione mediatica e quasi contemporaneo al suo?
Ho cercato di concentrarmi sulla mia pellicola, perché già avevo la pressione di portare avanti un'opera che mi rendesse orgoglioso e felice. Non so esattamente su cosa sia centrato il film di Bertrand Bonello, ma naturalmente andrò a vederlo non appena uscirà. Anche se in qualche modo ho la sensazione che sia lui che deve sentirsi sotto pressione. 

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

(Tradotto dallo spagnolo)

Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere altri articoli direttamente nella tua casella di posta.

Leggi anche

Privacy Policy