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Ferzan Ozpetek • Regista

“L'amore, l'amicizia e la solidarietà fra le persone”

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- Con Allacciate le cinture, Ferzan Ozpetek torna ai suoi temi più cari: l'amore, l'amicizia e il modo in cui si reagisce agli eventi inaspettati

Ferzan Ozpetek • Regista

Una passione travolgente e proibita. Gli anni che passano, la malattia e gli equilibri che si infrangono. Il viaggio verso la guarigione, fisica e dei sentimenti. Con Allacciate le cinture [+leggi anche:
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intervista: Ferzan Ozpetek
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, suo decimo lungometraggio, Ferzan Ozpetek torna ai suoi temi più cari: l'amore, l'amicizia e il modo in cui si reagisce agli eventi inaspettati. Il regista italo-turco ne ha parlato con la stampa a Roma.

Cineuropa: Partendo dal titolo, perché Allacciate le cinture?
Ferzan Ozpetek: Il titolo si riferisce al fatto che nella vita, prima o poi, a tutti capita una turbolenza, proprio come in aereo: un momento importante che ti scuote, in cui bisogna allacciare le cinture. Qui racconto le vicende di una coppia chiamata ad affrontare varie prove decisive nell'arco di tredici anni. Ma questo film parla soprattutto di tempo, amicizia e malattia attraverso una grande storia d'amore. Ora che ho 55 anni, so che quello che mi rimane forte sono l'amore, l'amicizia e la solidarietà fra le persone.

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Che cosa l'ha ispirata per questo film?
Una coppia di amici. Una sera, circa sei anni fa, organizzai una cena per una mia amica che non era stata bene e che era molto cambiata fisicamente. Le chiesi, forse peccando di indelicatezza, se lei e suo marito dormissero ancora insieme. E lei: "Non solo, ma mi desidera ancora! Agli uomini non fa schifo proprio niente". Questa frase mi ha fatto ridere ma mi ha anche commosso, ho sentito l'amore fra di loro, nonostante le gravi difficoltà e i cambiamenti del tempo.

Il film non risparmia dettagli, anche crudi, sulla malattia: la chemioterapia, la caduta dei capelli, l'amore consumato in ospedale…
Si ha sempre timore a parlare di malattia. Oggi al cinema la gente vuole ridere, ma in questo film ci sono sia le lacrime che le risate, c'è l'emozione. La storia in un primo tempo sembra essere leggera, poi a distanza di tredici anni le cose vanno in un'altra direzione: tutti i personaggi sono alle prese con cambiamenti importanti e le loro certezze sono messe in discussione. Riguardo alla scena d'amore in ospedale, i consulenti cui abbiamo fatto leggere la sceneggiatura ci hanno confermato che è proprio così: nel 90% dei casi, gli infermieri lasciano marito e moglie soli per un po', e loro fanno l'amore, o almeno ci provano. Ma non è difficile trovare, nel dolore, anche lo spazio per una risata: la mia amica mi raccontava di quanto, anche in viaggio per il mondo, il suo unico pensiero fosse la sua parrucca, così abbiamo pensato al personaggio eccentrico della parrucchiera interpretato da Luisa Ranieri. 

Che tipo di lavoro ha fatto con gli attori per rappresentare il passare del tempo?
Il film parte nel 2000, poi passa al 2013, alla fine torna indietro di nuovo. Abbiamo scelto di non usare nessun trucco per invecchiare gli attori, bensì di lavorare sul peso e sui capelli. A metà lavorazione, abbiamo interrotto le riprese per un mese (cosa rara nel nostro cinema, per questo ringrazio la produzione) per permettere ai protagonisti di acquistare o perdere peso, a seconda dei casi. Pensavo a Kasia Smutniak per il ruolo di Elena fin dall'inizio, la sua è una bravura che non viene mai offuscata dal fascino. Quanto a Francesco Arca, quando l'ho scelto, ho ricevuto insulti su Twitter (Arca è un ex "tronista", ossia si faceva corteggiare da uno stuolo di donne in una nota trasmissione trash della tv italiana, ndr). Prima di scritturarlo, ho fatto il provino a quattro attori, due di questi molto importanti. Ma alla fine non ho avuto dubbi, è in Francesco che ho visto gli occhi e l'atmosfera di Antonio. Lui è la dimostrazione che per recitare è importante studiare, ma ci vuole anche un istinto animale.

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