Alice Winocour • Regista
"Questa sensazione di crollo del mondo"
- Incontro a Parigi con la promettente cineasta francese Alice Winocour per parlare del suo secondo lungometraggio, l’audace e potente Maryland
Interpretato dal belga Matthias Schoenaerts e la tedesca Diane Kruger, Maryland [+leggi anche:
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intervista: Alice Winocour
scheda film] è stato presentato al Certain Regard del 68mo Festival di Cannes, su una Croisette dove la regista Alice Winocour aveva già presentato la sua opera prima, Augustine [+leggi anche:
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scheda film] (alla Semaine de la Critique 2012). Incontro a Parigi con una cineasta da tenere d’occhio.
Cineuropa: Perché ha scelto un militare come personaggio principale di Maryland?
Alice Winocour: Innanzitutto perché i soldati sono rientrati dall’Afghanistan, e la figura del veterano tanto sfruttata nel cinema americano non è stata molto utilizzata nel cinema in Francia. Ho incontrato molti soldati e mi hanno raccontato i loro problemi al loro ritorno nel mondo "reale", normale, al di fuori delle zone di combattimento, le loro difficoltà in rapporto alla realtà. E’ così che è nato Vincent, il protagonista del film. Ho immaginato questo personaggio completamente sfasato, proiettato in un mondo di trafficanti d’armi, di politici corrotti, quella specie di atmosfera brumosa dove non si comprende bene quello che succede, in cui si percepisce una minaccia che aleggia.
L'alterazione delle percezioni non è facile da filmare. Quali sono state le sue scelte in proposito?
Sin dalla scrittura mi sono detta che il film doveva essere molto sensoriale, che bisognava stare nella pelle del personaggio per avere la sua stessa vertigine dinanzi alla realtà: vedere solo quello che lui vede, capire quello che lui capisce, sentire quello che sente e ascoltare quello che ascolta. C’è stato un grande lavoro sul suono e la colonna sonora del film per le alterazioni della percezione sonora con una sorta di distorsioni della realtà. Volevo che lo spettatore fosse come il personaggio, in una forma di dubbio permanente se ci sia una minaccia o meno, se ci si trovi nel campo della fantasia o nella realtà. Mi sembrava anche una questione molto contemporanea se consideriamo lo stato di vigilanza estremo in cui tutti ci troviamo rispetto agli attentati, un’attitudine qui un po’ folle, ma necessaria ai soldati per sopravvivere in zone di guerra.
L’ipersensibilità di Vincent sfiora il sesto senso.
Ho messo nel film le mie paure da bambina del temporale e del buio, ma anche paure più contemporanee con queste informazioni che arrivano in continuazione, le immagini violente, questa sensazione di essere testimone di tutto senza avere alcuna presa sul reale, una sensazione d’impotenza totale. E’ questo che ho cercato di tradurre in questo personaggio che vede tutto, sente tutto, ma capta solo briciole, tutto resta estremamente brumoso per lui. All’inizio il film documenta il lavoro della security in questa grande villa, poi progressivamente propende verso quello che è quasi l’incubo di Vincent, come se il suo incubo paranoico si realizzasse. Diventa quasi fantastico. Volevo che si entrasse letteralmente nella sua paura, che per me è la paura che oggi proviamo tutti: questa sensazione di crollo del mondo. Ho cercato di mostrarla anche con gli elementi climatici. E’ questo caos che ho voluto cogliere, e raccontare una storia d’amore a margine di tutto questo, tra due persone che vengono da mondi opposti: il mondo dei soldati di ritorno dalla guerra e il mondo di Jessie che è una sorta di "donna trofeo" in una prigione dorata. Due solitudini si incontrano mentre il pericolo incombe su di loro, cosa che per forza di cose li avvicina. Ma non volevo eludere la paura in questa relazione e la violenza del loro incontro, perché Jessie ha sempre paura di Vincent che rimane comunque piuttosto spaventoso.
Perché fare un film di genere?
Mi piaceva l’idea di fare un film d’azione, terreno solitamente riservato agli uomini. Volevo dimostrare che non ci sono ambiti riservati, che le donne non sono relegate al registro dell’intimo, che possono realizzare ogni tipo di film. Poi, nel mio desiderio di cinema, nel mio piacere da spettatrice, film come Take Shelter o History of Violence mi hanno segnato in modo enorme. Mi sembrava inoltre interessante caricare un personaggio, parlare di questo clima di decadenza della società, di uomini politici corrotti. Chiaramente la storia politica è fuori campo, se ne percepiscono solo le briciole poiché si rimane sempre nel punto di vista di Vincent. Ma è soprattutto perché ho l’impressione che oggi, di tutti questi affari politici, anche se ne leggiamo tutto, si percepisce solo la parte sommersa: durano anni e tutto resta completamente opaco. Ho anche pensato a La conversazione o a film di Antonioni come La Notte e Blow-Up in cui personaggi molto sensoriali vagano per il mondo e sono come testimoni.
Ha già in mente il suo prossimo film?
Mi sono già imbarcata in un nuovo progetto, un’altra storia d’amore un po’ strana. Aspiro ad avvicinarmi ancora di più all’emozione.
(Tradotto dal francese)