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Frédéric Boyer • Direttore artistico, Festival di Les Arcs

"In uno o due anni andare al cinema sarà il massimo"

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- Il selezionatore del Festival del Cinema Europeo di Les Arcs, Frédéric Boyer, parla del Work-in-Progress e analizza le tendenze della produzione europea

Frédéric Boyer  • Direttore artistico, Festival di Les Arcs

L’incontro con Frédéric Boyer, direttore artistico del 7mo Festival del Cinema Europeo di Les Arcs (con uguale incarico a Tribeca) avviene qualche giorno prima del suo inizio (dal 12 al 19 dicembre 2015), per parlare della sua ricca selezione (articolo), del Work-in-Progress (articolo) e del suo punto di vista sulle correnti che attualmente attraversano l’industria cinematografica.

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Cineuropa: Un Work-in-Progress come quello di Les Arcs è il miglior modo di scoprire nuovi talenti?
Frédéric Boyer:
 Con tutti i mercati e i venditori che cercano le migliori sceneggiature in tutto il mondo, ci sono poche altre scoperte all’interno dei festival, specialmente in Europa. Si possono ancora trovare persone che sbucano dal nulla, ma è sempre difficile, perché i film con un buon potenziale vengono accaparrati velocemente. Al contrario, il nostro Work-in-Progress è un terreno pressoché vergine: siamo praticamente gli unici a farlo. È appassionante e i successi recenti di Rams – Storia di due fratelli e otto pecore [+leggi anche:
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 hanno fatto da apripista: abbiamo ancora altri candidati.

Scommettiamo solo sulle promesse: vediamo delle immagini, conosciamo i registi e i produttori, leggiamo gli script, guardiamo i corti realizzati in precedenza e parliamo con i registi. E mentre San Sebastian mostra i film per intero e Sarajevo ne mostra 40 minuti, noi facciamo un po’ come Göteborg, mostrando due o tre scene per non più di 10 minuti. Preferiamo che il film sia davvero work-in-progress, cioè soprattutto non finito ed essere i primi a mostrare delle immagini. All’ultimo momento abbiamo aggiunto la coproduzione francese Zoologie del russo Ivan I. Tverdovsky, le cui riprese dureranno fino all’11 dicembre. Poi c’è una conversazione con i cineasti. Non parliamo di affari, perché vogliamo metterli a loro agio, non angosciarli: non è mica un esame! Cerchiamo di dare a tutti i film buone vibrazioni in un bell’ambiente. Vogliamo anche rivelare dei cineasti, poterli seguire, avere dei “baby Les Arcs".

Come si presenta questa selezione 2015 del Work-in-Progress?
Quest’anno il livello è eccellente. Possiamo citare The Last Things dell’italiana Irene Dioniso, prodotto da Carlo Cresto-Dina, il produttore di Alice Rohrwacher. Si vede che il documentario ha invaso la fiction e viceversa, ad esempio con la produzione danese Wolf and Sheep [+leggi anche:
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intervista: Shahrbanoo Sadat
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dell’afgano Shahrbanoo Sadat dall’aria incredibile, oppure il film inglese Dede della georgiana Mariam Khatchvani. E c’è anche un vero documentario che va oltre i limiti: Game Girls della polacca Alina Skrzeszewska. Possiamo nominare anche Valley of Shadows del norvegese Jonas Matzow Gulbrandsen che ha fatto molto parlare di sé con la storia del lupo mannaro, e un nuovo esempio della nouvelle vague greca con Son of Sofia di Elina Psikou.

Qual è la sua analisi delle tendenze della produzione europea?
C’è una riorganizzazione. Tutti i professionisti hanno capito che se non aiutano il giovane cinema del loro paese, non ci sarà un cinema nazionale. Questo fa parte di una politica europea molto importante di produrre senza pensare particolarmente agli sbocchi e alla redditività di questi film. Perché un giovane regista che fa un grande film è anche la promessa per un film in futuro.

Complessivamente ci sono stati dei grandi cambiamenti. Prima tutto il mondo conosceva Antonioni, Bergman, Fellini: era un modo di vivere. Adesso le persone conoscono Il trono di spade, il che va bene, ma il cinema come attività culturale non esiste quasi più eccetto in Francia, grazie a una rete di sale davvero unica. Detto questo, stanno emergendo negli Stati Uniti, in Germania, Spagna, sale con bar, ristoranti, luoghi d’incontro, con i registi: una sorta di mercato! In uno o due anni andare al cinema sarà il massimo, non restare davanti al computer.

Tuttavia, è necessario qualcuno di coraggioso per far uscire i “piccoli” film d’autore, perché il rendimento finanziario è molto basso. Peraltro, dopo un’ondata di film di genere che si è un po’ calmata, molti venditori e distributori vogliono dei "feel-good movies", ma il cinema non è solo questo. Tutti gridano al genio di Lars von Trier, ma se qualcun altro arrivasse oggi con L’elemento del crimine, sarebbe un “no, grazie”. Tutti vorrebbero indipendenza e originalità, ma pochi hanno la forza di volontà di assumersi il rischio. 

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(Tradotto dal francese)

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