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Erik Skjoldbjærg • Regista

"Come vivere in modo non convenzionale, in un contesto predefinito che implicitamente ti esclude?"

di 

- Il regista norvegese Erik Skjoldbjærg si è ispirato a un romanzo dello scrittore norvegese Gaute Heivoll per il suo ultimo lungometraggio, Pyromaniac

Erik Skjoldbjærg • Regista
(© Festival de Cinéma Européen des Arcs / Pidz.com)

Erik Skjoldbjærg, uno dei registi norvegesi più conosciuti e riconosciuti, originario di Tromsø, trapiantato a Oslo dopo i suoi studi di cinema a Londra, si è fatto un nome all’estero soprattutto con Pioneer [+leggi anche:
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premiato nel 2011 al Festival di Arras, Insomnia di cui Christopher Nolan ha girato un remake, e grazie alla serie televisiva Occupied ideata da Jo Nesbø. Pyromaniac [+leggi anche:
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intervista: Erik Skjoldbjærg
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, suo ultimo lungometraggio, è ispirato a un romanzo dello scrittore norvegese Gaute Heivoll che ha avuto successo fin dalla sua pubblicazione nel 2010: Før jeg brenner ned.

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Cineuropa: Perché non ha tenuto il titolo originale del libro? 
Erik Skjoldbjærg
: Non volevo un titolo poetico. Volevo una piccola carta d’identità che mandasse un segnale semplice e diretto, lasciando che la poesia trovasse il suo posto nel film stesso. Amo i titoli brevi, facili da ricordare, con cui si ha un rapporto immediato. Pyromaniac è il risultato della mia interpretazione del libro e di fatti autentici, una serie di incendi dolosi verificatisi nel 1978. Ho fatto le mie ricerche. Il film è stato girato nel sud della Norvegia, nello stesso paese dove si sono svolti gli eventi. Tra i figuranti ci sono testimoni dell’epoca. E’ comunque difficile, quando un libro ha successo, parlare di fatti di cui si è stati testimoni, distinguere ciò che si è letto da ciò che si è vissuto. Si tende a mischiare finzione e realtà. Gaute Heivoll ha accettato che Bjørn Olaf Johannessen, lo sceneggiatore, ed io privilegiassimo quello che ci sembrava importante nel suo libro, ed è venuto ogni tanto ad assistere alle riprese.  

Lo spettatore conosce il colpevole sin dall’inizio.
E’ vero. La narrazione è soggettiva, quindi niente suspense sull’identità del piromane che accompagniamo durante tutto il film. Ci sono dialoghi, ma nessuna voce narrante fuori campo. Pyromaniac propone un triplo ritratto: quello di un giovane uomo, non un mostro ma un essere umano le cui motivazioni ci sono estranee; quello di una famiglia; e quello di un villaggio, di una comunità rurale che per mancanza di coraggio, per cecità, rifiuta di ammettere che il colpevole possa essere uno di loro. Sarebbe meglio che venisse dall’esterno. In questa piccola società paesana ognuno cerca di somigliare al vicino, di conformarsi quanto più possibile a codici identici. Come vivere in modo diverso, non convenzionale, in un contesto predefinito che implicitamente ti esclude?

E’ il tema principale del suo film?
In effetti. In un ambiente in apparenza armonioso sopraggiunge a volte un elemento disturbante, persino distruttivo, così come spunta l’erbaccia. Nessuno capisce da dove viene, ma è là. Un vero mistero.   

Trond Nilssen interpreta il personaggio principale.
Sì, è un talento naturale, senza una formazione tradizionale d’attore, con cui ho lavorato d’istinto, d’intuito, utilizzando la sua memoria affettiva, facendo delle sue esperienze passate elementi suscettibili di scatenare le emozioni. Ho preferito fare questo lavoro di messa a fuoco qualche minuto prima delle riprese, senza lunghe preparazioni a monte. Penso che la sua presenza soprendente impressionerà molto.

Per le esigenze del film, si dice che abbia bruciato dieci case. Era necessario?
La storia lo esigeva. Il fuoco è un elemento organico molto vivo. Gli effetti speciali non sarebbero bastati a rendere questo movimento. Allora, attraverso degli annunci, ci siamo messi alla ricerca di proprietari pronti a vedere le loro case andare in fumo.

Sarà stato difficile.
No, non proprio. Diverse persone hanno approfittato dell’occasione per costruirsi una bella casa nuova. In più, bruciare case dal vero si è rivelato meno oneroso di altri metodi ipotizzati.

I colori di certe scene fanno pensare al pittore Turner.
E’ possibile, ma non mi ha ispirato in particolar modo. E’ vero, pertanto, che abbiamo rivolto alla luce una cura particolare e con Gösta Reiland, il direttore della fotografia, abbiamo girato la maggior parte delle scene nelle ore del crepuscolo, così lunghe e così belle d’estate in Norvegia. Girare un film è appassionante.

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(Tradotto dal francese)

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