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Justine Triet • Regista

"L'imprevisto mi diverte"

di 

- CANNES 2016: Incontro con la regista francese Justine Triet, che ha aperto la Settimana della Critica con Tutti gli uomini di Victoria

Justine Triet • Regista

Dopo il suo fortemente apprezzato primo lungometraggio La Bataille de Solférino [+leggi anche:
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, la regista francese Justine Triet ha aperto fuori concorso la 55ª Settimana della Critica del 69° Festival di Cannes con la straordinaria commedia Tutti gli uomini di Victoria [+leggi anche:
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intervista: Justine Triet
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Cineuropa: Perché ha deciso di trattare nuovamente il tema della donna contesa tra la vita professionale e la vita personale in Tutti gli uomini di Victoria?
Justine Triet: Volevo davvero tracciare il ritratto di una donna molto complessa. In La Bataille de Solférino, il punto di vista era diviso tra il personaggio femminile e quello maschile, mentre qui l'idea è di concentrarsi su quello femminile e mostrare una donna dalla grande forza che cade, sbaglia e si rialza. Il film è nato da questo desiderio. In seguito abbiamo pensato che lei dovesse essere un’avvocatessa e che ci dovesse essere il doppio processo. Infine, abbiamo avuto subito l'idea che il sesso dovesse pervadere tutto, senza che si vedesse, e che tutti i personaggi ne parlassero: l'ex parla della vita sessuale di Victoria, lei stessa ne parla al suo psicologo, il suo migliore amico le parla dei suoi problemi sessuali, e così via. 

Il film sovrappone molti strati diversi. È stato difficile scrivere la sceneggiatura?
È stato difficile scrivere la bozza (risate). C'è voluto molto tempo per perfezionare la scrittura. La sceneggiatura è abbastanza classica, ma la parte delicata era riuscire a far quadrare i conti e incastrare tutto in modo fluido, perché ci sono molte cose in questa doppia narrazione che si inseriscono nella vita di Victoria. 

Da dove nasce la scelta della commedia come genere?
Dalla scrittura, mi sono resa conto che mi piaceva liberarmi di quel naturalismo che caratterizza La Bataille de Solférino. Inizialmente ero partita con qualcosa di meno straordinario, ma ho subito notato che per tracciare il ritratto di un’avvocatessa avrei avuto bisogno di una serie e che le serie trattavano quest’argomento meglio di me. Quindi, bisognava spingersi oltre affinché ciò suscitasse interesse. E poi, semplicemente, mi divertiva. In seguito, durante le riprese, mi sono detta che c’era anche tanto bisogno di emozioni e che non dovesse essere solo una commedia leggera. Quindi, io stessa non sono sicura se si tratti di una vera commedia o di una commedia drammatica. 

Un cane, una scimmia: ha inserito dei personaggi inusuali…
L’imprevisto mi diverte e gli animali mi hanno dato la possibilità di introdurre un elemento fantasioso e assurdo nel film, per allontanarmi un po’ da quel contorno triste degli scandali sessuali. Inoltre mi piace girare con elementi di disturbo come i bambini, gli animali e gli attori non professionisti. 

Quali erano le sue intenzioni in termini di regia?
Anche se il film parla del caos, non è stato girato in maniera caotica. È stato piuttosto il contrario: si è rivelato più interessante girare in modo preciso e controllato. Poi, non bisogna illudersi: i film dipendono molto dal budget che si ha a disposizione. Per La Bataille de Solférino, avevamo meno di 500 mila euro e filmare a spalla è stata una scelta, ma anche una necessità. Nei tre mesi di riprese per Tutti gli uomini di Victoria, contro i 24 giorni impiegati per il mio film precedente, si sono presentate delle problematiche che non erano mai sorte prima. Per esempio, non avrei avuto tempo di chiedermi se avessi voluto le pareti del tribunale di colore blu scuro o rosso, avrei scelto quello che mi si sarebbe presentato. Ho la sensazione di avere sempre le stesse ossessioni e che questo film è per me altrettanto personale come il precedente, per quanto riguarda il tema, il contesto, l'atmosfera e il caos.

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(Tradotto dal francese)

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