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Danny Boyle • Regista

"Quando hai 46 anni, hai fatto le tue scelte e devi conviverci"

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- BERLINO 2017: Abbiamo parlato con il regista inglese Danny Boyle alla Berlinale in merito alla realizzazione del suo atipico sequel, T2 Trainspotting, presentato fuori concorso

Danny Boyle  • Regista
(© Berlinale)

Ventun anni dopo il suo eclatante successo, Trainspotting, il regista inglese Danny Boyle (28 giorni dopo, The Millionaire [+leggi anche:
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) ha collaborato con i suoi produttori, sceneggiatori e attori per realizzare il sequel molto atipico, T2 Trainspotting [+leggi anche:
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, che ha avuto la sua anteprima mondiale fuori concorso alla Berlinale.

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Cineuropa: A chi è venuta l'idea di fare un sequel di Trainspotting?
Danny Boyle: Dopo che il primo film si rivelò un successo, nel 2002, Irvine Welsh decise di scrivere un sequel, che è stato il libro Porno. Ci ha dato i diritti, e abbiamo fatto adattare il libro, ma non andava bene, perché sembrava un rimaneggiamento con una storia leggermente diversa e battute diverse. In qualunque modo lo avessimo fatto, la gente sarebbe rimasta delusa. Quando ho incontrato lo sceneggiatore, John Hodge, e i due produttori, abbiamo sviluppato una sceneggiatura molto più personale. La storia parla del tempo e dell'invecchiamento, che fa davvero parte di come gli attori si vendono e ha molto a che fare con il loro aspetto. 

Qual è stato il suo approccio?
Abbiamo voluto fare un nuovo film in cui sarebbe stato interessante rivisitare questi personaggi. Grazie al successo dell'originale, siamo stati in grado di ottenere qualcosa come $50 milioni, mentre noi realizziamo sempre film sotto i $20 milioni, così ci hanno permesso di fare il film che volevamo. Gli attori non si aspettavano grandi incassi dal sequel; sono stati tutti pagati allo stesso modo, e se il film si rivela un successo, gli daremo il resto.

T2 Trainspotting è stata una riunione?
Non è stata una rimpatriata di scuola per nessuno di noi, perché gli attori sono arrivati ​​in tempi diversi. Jonny Lee Miller e Robert Carlyle hanno girato durante le vacanze estive, perché lavorano ai loro grandi programmi televisivi. Ewan McGregor è arrivato molto dopo, perché stava ultimando Pastorale americana a Los Angeles. 

Nel suo film, i personaggi hanno a che fare con i vari cambiamenti del mondo. Ha cercato di fare un sequel atipico?
Sono stato ispirato dal programma TV britannico The Likely Lads, su due personaggi della classe operaia riportati in vita sette anni dopo per una serie. Sono cambiati ma sono rimasti gli stessi. C'erano molti elementi comici, ed ha avuto un grande impatto su di me. La cosa straordinaria di cinema, TV e della macchina da presa è come trattano il tempo, tutto il tempo. Quando si guarda un film, si guarda del tempo modificato. Se si guarda un attore nel proprio film preferito, è congelato in quell'immagine per te. Mettendo insieme queste due età, questi due tempi, è come se restituisci gli attori al pubblico perché anche loro soffrono gli effetti del tempo. Questo è il potere del cinema.

Come si è rapportato ai social media?
In termini di social media, tutti volevano che aggiornassimo il discorso di "Scegli la vita..." perché il primo è stato un grande successo, e l'hanno scritto su magliette e poster. E così abbiamo fatto. Nel 1996, prendeva in giro le dipendenze da consumo, le scelte del tempo. Ora prende in giro le dipendenze moderne, che sono i social media, i social network e così via, e il conseguente prezzo che si paga. Nelle fabbriche cinesi si producono queste piccole apparecchiature digitali che rovinano la vita alla gente. 

Il discorso del personaggio di McGregor è in realtà una confessione, perché dice che cambia e sceglie la delusione. Scegli di perdere le persone che ami, scegli di non essere la persona che volevi essere - e voleva dei figli ma non li ha avuti. Quando arrivi a 46 anni, hai fatto le tue scelte e devi conviverci. In realtà è una confessione delle sue ansie e paure.

È stato difficile trovare il giusto stile visivo, a causa delle alte aspettative dopo il primo Trainspotting?
Avevamo il dovere di onorare il lavoro del direttore della fotografia Brian Tufano, che ha curato il primo. Non siamo riusciti a lavorare con lui, perché non è in buona salute. Con Anthony Dod Mantle, abbiamo cercato di lasciar emergere di più lo stile del film in fase di montaggio, il che è interessante perché il film riguarda il tempo, proprio come il montaggio.

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(Tradotto dall'inglese)

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