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Pascal Diot • Direttore, Venice Production Bridge

"Una piattaforma come questa deve essere in linea con la costante evoluzione della nostra industria"

di 

- Alla vigilia del Festival del cinema di Venezia, abbiamo incontrato Pascal Diot, direttore del Venice Production Bridge, per parlare con lui del concept di evento cinematografico

Pascal Diot  • Direttore, Venice Production Bridge
(© Birgit Heidsiek)

Il Venice Production Bridge (VPB) attrae un numero sempre crescente di finanziatori ed emittenti, tra cui piattaforme di streaming come Netflix e Amazon. Mentre molti esperti di realtà virtuale presenteranno i loro progetti al Venice Gap-Financing Market (VGFM), al Forum Cina-Europa sulla Virtual Reality Technology si parlerà di modelli di finanziamento e strategie di lancio per i film in VR. Pascal Diot, direttore del Venice Production Bridge, spiega il concept dietro questo evento per l'industria e i cambiamenti nell'edizione di quest'anno.

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Cineuropa: Qual è l'approccio del Venice Production Bridge, e in che modo rispecchia i cambiamenti del mercato cinematografico e dei media?
Pascal Diot: Il Venice Production Bridge è incentrato specificamente su tutti gli aspetti della produzione di film, ma anche di serie TV o WEB e di progetti di realtà virtuale. Per questo motivo il VPB offre la possibilità di acquistare i diritti sugli adattamenti di libri da 19 editori internazionali, per poi completare il finanziamento attraverso il Venice Gap-Financing Market e presentare i lavori in corso nella sezione Final Cut in Venice. La nostra notevole selezione di VR al VGFM (che conta 17 progetti, tra cui il Biennale College Cinema VR) e le 5 serie TV europee mostrano che i confini tra media differenti sono sempre più sottili e una piattaforma come il VPB deve essere in linea con la costante evoluzione della nostra industria.

É cambiato qualcosa per quanto riguarda i partecipanti al Venice Production Bridge? In quale area vede la maggiore domanda, in questo momento?
Grazie al VGFM, accogliamo sempre più finanziatori ed emittenti, tra cui anche Netflix e Amazon, oltre a esperti e società che si occupano di VR. Il finanziamento dei progetti è, ovviamente, la preoccupazione principale dei produttori, e abbiamo ricevuto un numero da record di progetti (270) per il VGFM, ma ci sono anche lavori in corso (più di 60) per la sezione Final Cut in Venice. La questione della VR è il vero topic del domani, come possiamo vedere nella nostra sezione VPB, nella speciale Isola VR che abbiamo creato, nei film in VR che sono in concorso al festival e nello European Film Forum, organizzato  da Europa Creativa e dalla Commissione Europea, che offre dibattiti e incontri sul tema della realtà virtuale.

A quanti collegamenti ha dato vita  il Venice Gap-Financing Market negli anni passati? Ci sono alcuni di questi film in mostra al Fsetival di Venezia?
Possiamo orgogliosamente dire che, ogni anno, c'è almeno un film a Berlino, a Cannes, a Venezia e a Toronto (solo per nominare i festival più famosi), uscito dal VGFM. Ma potrei aggiungere anche dalla sezione Final Cut in Venice, con Félicité [+leggi anche:
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intervista: Alain Gomis
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, che è stato in concorso a Berlino, e altri titoli arrivati a Dubai e al Sundance. Nell'edizione di quest'anno, abbiamo un film in concorso, Hannah [+leggi anche:
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 di Andrea Pallaoro, che è stato un progetto del VGFM nel 2015.

Alcuni progetti del VGFM dell'anno scorso saranno presentati nel nuovo concorso Venice Virtual Reality. Quest'anno, quasi la metà dei progetti sono in VR. Ritiene che questi cambiamenti del mercato siano d'impulso per il festival?
Credo di sì, per questo motivo Alberto Barbera ha creato una nuova sezione con una giuria dedicata. È una situazione vantaggiosa per tutti: un festival ha bisogno di un mercato e viceversa.

L'industria sta sviluppando modelli di finanziamento e strategia di lancio specifici per i film in realtà virtuale?
Questa è, in effetti, una delle questioni principali riguardanti questo nuovo medium; e anche per questo stiamo organizzando, in aggiunta alle iniziative di cui parlavo sopra, incontri e dibattiti appositamente su questi soggetti, tra i diversi professionisti e i diversi paesi. Insieme ad ANICA, per esempio, abbiamo organizzato un Forum Cina-Europa sulla Virtual Reality Technology per il 2 settembre.

Il programma di workshop del Final Cut in Venice presenta sei progetti dall'Africa e dal Medio Oriente, che sono in lizza per 12 premi, per un valore di 70.000 euro. C'è una domanda crescente di cinema del mondo?
Credo di sì, perché diversi paesi della regione stanno proponendo nuovi programmi di incentivi che porteranno nuovi progetti nel mercato. Anche se non sono ottimista per quanto riguarda la crescita della distribuzione di questi film nelle sale, sono convinto che le piattaforme streaming potrebbero, anzi dovrebbero, essere il mezzo di diffusione ideale per questi film.

Tra le possibilità di pitching al Book Adaptation Rights Market, quelle di produzione al Biennale College e quelle di finanziamento al VGFM e al Final Cut in Venice, il  VPB copre l'intera catena di produzione, mentre lo sviluppo dell'industria è delegato allo European Film Forum. Come vede il futuro del VPB?
Penso che dobbiamo mantenere e sviluppare questi tre pilastri (VGFM, Final Cut in Venice e Book Adaptation Rights Market), continuare a seguire gli sviluppi della VR e – perché no? – pensare a un mercato dedicato a questo nuovo medium, qui a Venezia. Penso anche che la crescente importanza degli effetti visivi e speciali, insieme alla post-produzione, potrebbe essere una via di sviluppo per il futuro del VPB.   

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(Tradotto dall'inglese)

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