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Amichai Greenberg • Regista

“La vita è complicata e il percorso di creazione di questo film mi ha aiutato a guarire”

di 

- VENEZIA 2017: Abbiamo fatto una chiacchierata con il neo-regista Amichai Greenberg, autore di The Testament, che è nella sezione Orizzonti della 74a Mostra del cinema di Venezia

Amichai Greenberg • Regista
(© La Biennale di Venezia - foto ASAC)

Abbiamo incontrato il regista israeliano esordiente Amichai Greenberg, il cui film The Testament [+leggi anche:
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intervista: Amichai Greenberg
scheda film
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figura nella sezione Orizzonti della 74a Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia, per parlare della sua ispirazione, del potere della memoria e dell'importanza dell'identità ai giorni d'oggi. 

Cineuropa: Da cosa è nato The Testament?
Amichai Greenberg:
La mia ispirazione per questa storia è il silenzio, un silenzio carico di significati. Sono cresciuto in un vuoto emozionale ed esistenziale, e ho impiegato anni prima di riuscire a verbalizzarlo. La storia che ho scelto racconta di un uomo incastrato tra due vuoti. Il silenzio di sua madre che nasconde la sua verità e quello degli abitanti del villaggio che negano la loro storia.

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Ha basato la sua storia su fatti reali?
Il background storico del film è ispirato al massacro di Rechnitz, veramente avvenuto in Austria. La maggior parte dei nomi e delle date sono esatti. Le testimonianze austriache mostrate nel film sono dei veri abitanti del luogo, di cui ho cambiato i nomi, che erano stati intervistati per il documentario del 1994 Totschweigen (A Wall of Silence) di Eduard Erne e Margareta Heinrich, i quali sono stati così gentili da lasciarmi utilizzare il loro materiale. La differenza fondamentale sta nel fatto che nella realtà la fossa comune non è mai stata trovata.

Ritiene che l'Olocausto sia ancora presente nella memoria della gente?
Penso che dipenda dalle persone a cui lo si domanda... Per me, non è questione di memoria intellettuale, ma di memoria viscerale, quel tipo di memoria che sta nella carne e proviene da cose che non hai mai visto, ma che tuttavia ti segnano profondamente. Fatti di cui non hai mai discusso, ma di cui senti il vuoto che hanno lasciato. E infatti, la maggior parte dei testimoni del film hanno dimenticato, si confondono o negano. E questo e ciò che ci rimane. 

Cosa l'ha spinta a fare un film che è più un thriller che un dramma?
Non voglio imporre emozioni, specialmente quando c'è l'Olocausto sullo sfondo. È preferibile permettere a chi guarda di entrare in relazione con il mistero e scegliere, se lo vuole, di lasciarsi coinvolgere emotivamente. Il mio obiettivo principale era quello di creare un vero interesse nel pubblico e di fare in modo che la storia acquisisse una certa importanza nella nostra vita contemporanea. Volevo offrire una prospettiva nuova e fresca sull'importanza dell'identità e su come abbiamo accesso ad essa, e poi osservare cosa rimane se la smarriamo e non ci rimane niente.

L'identità ebraica è ancora considerata molto importante oggigiorno?
L'identità ebraica è ancora un ingrediente pesante e intenso nella vita di un ebreo, ancora oggi. Tuttavia, con The Testament, sono interessato soprattutto a chiedermi in che modo l'identità è importante per tutti noi, come esseri umani, e cosa ci definisce per come siamo. Trovo che questa sia una questione molto rilevante per tutto il mondo occidentale contemporaneo. 

Com'è stata l'esperienza di coproduzione con l'Austria?
Devo dire che ero curioso. La squadra, gli attori e i produttori sono stati estremamente calorosi e gentili, anche se sono sicuro che la sceneggiatura non era facile da digerire per loro. Li ho visti sufficientemente toccati da partecipare al film, e questo ha toccato anche me. D'altra parte, mentre cercavo le location in paesi sperduti dell'Austria, mi sono imbattuto in alcune placche commemorative in onore di soldati nazisti della Seconda guerra mondiale, che erano ornate di fiori freschi. La cosa mi ha scioccato, specialmente se ripenso a mio padre, che all'epoca aveva sette anni ed era dovuto scappare a pochi chilometri da lì per mettersi in salvo, 72 anni fa. La vita è complicata e credo che il percorso di creazione di questo film mi abbia aiutato a guarire.

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(Tradotto dall'inglese)

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