Neïl Beloufa • Regista
“Le arti hanno il potenziale per trasformare la società”
- TORONTO 2017: L’artista visivo Neïl Beloufa smonta il pregiudizio occidentale nel suo secondo film, Occidental, che ha avuto la sua première nordamericana nella sezione Wavelengths

Facendo ricorso alla sua affermata carriera come artista visivo, Neïl Beloufa esplora una forma di cinema più sperimentale in veste di regista. Il suo secondo film, Occidental [+leggi anche:
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intervista: Neïl Beloufa
scheda film], è stato presentato in anteprima nordamericana nella sezione Wavelengths in occasione del 42esimo Festival internazionale del film di Toronto. Cineuropa ha fatto due chiacchiere con il regista francese riguardo i pregiudizi moderni, le sue influenze e il ruolo degli artisti nel cambiare la società.
Cineuropa: Credi che viviamo in un mondo pieno di pregiudizi?
Neïl Beloufa: Penso che i pregiudizi siano umani; la “società” senza pregiudizi è una costruzione che associamo al progresso e all’apertura mentale. Non so se sia giusto o sbagliato, ma far credere alla società che non ci siano i pregiudizi, il razzismo o la classe sociale è rischioso quanto difendere ufficialmente questi concetti.
Perché hai deciso di ambientare la storia negli interni claustrofobici e chiusi dell’Hotel Occidental?
Era una scelta pragmatica, una questione di budget, dato che il film è autofinanziato. Sapevo già come costruirlo e avevo preso in affitto un grande studio ai tempi. Quindi il modo più economico per avere il controllo delle riprese era di costruirmi il set da solo. A parte questo, in un certo senso mi piace il concetto dei film huis-clos (a porte chiuse) e costruiti su niente – senza la rete protettiva di un bel paesaggio o altri preziosi elementi di produzione. Mi piacciono davvero le micro-tensioni che questo ambiente crea.
Occidental è un’istallazione artistica visiva o ti senti più vicino al cinema dalla narrativa classica?
Speravo che fosse un progetto narrativo e questo è quello che ho cercato di fare, ma in fin dei conti, dato che l’ho diretto e scritto, potevo solo fare affidamento su ciò in cui avevo più esperienza, che non sono i film classici e limitati.
Non si è parlato molto delle influenze per il tuo film; qual è stata la principale ispirazione dietro Occidental?
Non so se possiamo chiamarle ispirazioni, ma i film a cui pensavo mentre scrivevo il film erano Mancia competente (1932) di Ernst Lubitsch, Johnny Guitar (1954) di Nicholas Ray, Qualcuno verrà (1958) di Vincente Minnelli e Muriel, il tempo di un ritorno (1963) di Alain Resnais. Quello che mi è piaciuto di questi quattro film è il modo in cui non rivelano quello che sono realmente e il modo in cui ritraggono una struttura sociale mai pensata prima. Nel film di Lubitsch, le classi sociali sono temporaneamente abolite, in quanto i ricchi e i poveri, che sono corrotti, hanno un comune desiderio di beni velleitari. Per quanto riguarda il film di Ray, ha una struttura matriarcale e qui c’è la scena d’amore più bella che io abbia mai visto. Nel film di Minelli, i repubblicani e i democratici si oppongono in un villaggio, ma entrambi rifiutano di affrontare una comunità di alcolisti, prostitute e giocatori d’azzardo, a cui Sinatra si unirà alla fine. Nel film di Resnais, invece, tutto è una costruzione – la storia, i traumi, l’amore – e si percepiscono questi sentimenti senza capire realmente la sceneggiatura, che curiosamente non si concentra sul soggetto principale, cioè Muriel.
Hai precedentemente dichiarato di non prendere l’arte “seriamente”; invece gli artisti possono cambiare la società?
Quello che volevo intendere è che l’unica posizione politica coerente, da un punto di vista globale, è di essere distaccati e di non ricreare i sistemi che critichiamo. Non possiamo essere troppo assertivi o giocare a fare gli esperti, gli eroi o i seri, le persone oneste, poiché facciamo parte di questo sistema e, al pari di questo, siamo tanto complessi e corrotti. Credo che le arti siano importanti e spero che possano avere il potenziale per trasformare la società, ma non credo che noi, in quanto artisti individuali, possiamo farlo da soli.
(Tradotto dall'inglese da Giulia Gugliotta)
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