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GAND 2017

Sahim Omar Kalifa • Regista

“Zagros e sua moglie sono vittime del peso delle tradizioni”

di 

- Il regista curdo residente in Belgio Sahim Omar Kalifa parla del suo primo lungometraggio Zagros, presentato in competizione al Festival di Gand

Sahim Omar Kalifa • Regista
(© Film Fest Gent / Bas Bogaerts)

Sahim Omar Kalifa ha presentato questa settimana in competizione al Festival Internazionale del Film di Gand il suo primo lungometraggio, Zagros [+leggi anche:
recensione
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intervista: Sahim Omar Kalifa
scheda film
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, che racconta il percorso di un pastore che lascia le montagne del Kurdistan per seguire in Belgio sua moglie, che nel loro piccolo villaggio veniva vessata. L’uomo però non riesce a integrarsi nella nuova cultura, e ad affrontare il peso delle tradizioni e della famiglia. Il regista ci parla del suo percorso, e dell’origine di questo suo primo film. 

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Cineuropa: Può raccontarci il suo percorso?
Sahim Omar Kalifa:
Io vengo dal Kurdistan. Mio padre era un attivista politico, e ha dovuto lasciare il paese nel 1996, seguito tre anni più tardi da mia madre e i miei fratelli e sorelle. Dato che io ero maggiorenne, non potevo avere il visto.  Ho completato i miei studi da contabile in Kurdistan, e ho deciso di raggiungerli in Belgio nel 2001. Ho dovuto viaggiare illegalmente, ricorrere ai trafficanti. Era difficile, tanto che per un momento ho pensato che rischiare la propria vita per una vita migliore era innanzitutto rischiare la propria vita. Quando ho finito i miei studi in Belgio, uno dei miei amici mi ha detto: "Tu che parli tutto il tempo di cinema, studia il cinema!". Mi sono iscritto a Sint Lukas nel 2004. Il mio film di fine studi ha ricevuto la VAF Wild Card come miglior film di diploma fiammingo, ovviamente un grande onore, ma soprattutto un acceleratore indispensabile per la mia carriera.

Come è nata l’idea del film?
Faccio sempre film vicini alla mia esperienza. Anch’io ho dovuto prendere decisioni nella mia vita a causa della pressione culturale o familiare. Anch’io vengo da una regione magnifica, dove i paesaggi sono maestosi, e il mio arrivo in Belgio è stato difficile. A differenza di Zagros, sono riuscito a integrarmi nella società belga. Il villaggio in cui sono cresciuto era molto conservatore. Quando i turchi se ne sono andati e hanno lasciato in carica un governo curdo, abbiamo visto arrivare nei nostri villaggi guerriglieri, donne forti che mi hanno molto impressionato, specialmente perché la loro libertà contrastava fortemente con le angherie che subivano le donne nel mio villaggio.

Lei tratta la questione della condizione delle donne attraverso il ritratto di un uomo. Perché questa scelta?
Zagros è un pastore, ma un pastore moderno, anche se la sua famiglia è molto conservatrice. A contatto con i guerriglieri nascosti sulle montagne, ha incontrato sua moglie, Havin, che è molto emancipata, che tiene alla sua libertà. Quando Havin arriva in Belgio, per lei è il paradiso. Non per Zagros, che comunque vuole che lei sia felice. Per lui, sua moglie è più importante dell’attaccamento alla sua terra. Ma alla fine, gli uomini sono poco liberi quanto le donne.

Il peso delle tradizioni è pesante da portare per un uomo?
Il padre di Zagros non può più guardare i compaesani negli occhi. Per mantenere la sua posizione, è pronto a sacrificare altra gente sul suo cammino. In Medio Oriente, raramente si prendono decisioni per se stessi, lo sguardo degli altri è determinante.

Colpisce l’ironia tragica che si abbatte su Zagros…
Nei miei film, i personaggi si interrogano sempre sulle proprie decisioni. E’ la decisione giusta? In generale, no! Alla fine, Zagros è punito ovunque, sia in Europa che in Turchia. Il suo errore non prevede alcun perdono, non si torna indietro. La sua risposta non è una soluzione da nessuna parte.

Quali sono i suoi progetti?
Ho appena ricevuto un aiuto allo sviluppo per la versione lunga del mio corto, Bagdad Messi. Spero di girare nell’autunno 2018.

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(Tradotto dal francese)

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