Camilla Strøm Henriksen • Regista
“Alla fine i bambini ci danno un forte senso di speranza"
di Jan Lumholdt
- TORONTO 2018: La norvegese Camilla Strøm Henriksen tratta la tradizione scandinava in modo non convenzionale nel suo primo lungometraggio, Phoenix

La fenice, l’uccello mitologico che risorge dalle proprie ceneri, nella storia di Camilla Strøm Henriksen è rappresentata da Astrid, un’attraente pittrice di talento, tormentata da sbalzi d’umore e incline all’abuso di alcool. I suoi figli, Jill e Bo, non perdono mai speranza nella sua capacità di rimettersi in piedi, andare avanti ed essere di nuovo la Madre. La situazione però è difficile. Il loro padre, anch’egli un musicista di talento, è assente ed evita qualsiasi responsabilità. Così la spirale gira, costantemente verso il basso… Phoenix [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: Camilla Strøm Henriksen
scheda film], proiettato nella sezione Discovery al Toronto International Film Festival, è una storia che racconta di quando i bambini non riescono mai a essere tali, in modo poetico, discostandosi dalla tradizione social-realista così tipica del cinema scandinavo. La regista, un’attrice navigata sugli schermi norvegesi – vinse il premio Amanda per la sua performance in A Handful of Time (1989) – ha mostrato il suo film di debutto in anteprima nazionale ad agosto a Haugesund e ora a livello internazionale a Toronto.
Cineuropa: Ha recitato per molti anni a teatro, in televisione e nel cinema, forgiando una carriera degna di nota e vincendo anche dei buoni premi. Ma ha abbandonato. Cosa l’ha portata a questo decisione?
Camilla Strøm Henriksen: Nel mondo della recitazione ho sentito una frustrazione indefinibile e non ero sicura che fosse per le parti o i registi che ho avuto, o non avuto, o cosa fosse. Quindi ho deciso di dirigere un mio cortometraggio [Lace, 2004], autofinanziato e in cui ho fatto squadra con persone che hanno lavorato senza compenso. Ho subito avuto la sensazione di fare qualcosa di più ed è stato accettato alla London Film School. Ho lasciato una vocazione per un’altra: ora sono una regista che ha completamente abbandonato la professione di attrice. Amo ancora lavorare con gli attori, ma amo anche scrivere e filmare, e addirittura montare, ma soprattutto scrivere e filmare. Mi dà quasi estasi.
È stato a Londra che ha incontrato David Yates, famoso per Harry Potter e a cui è attribuita la produzione esecutiva di Phoenix?
Esatto. È stato prima di Harry Potter, ma lui aveva realizzato per la TV State of Play e già aveva una forza considerevole, anche allora. Ci siamo tenuti in contatto e gli ho mandato il mio copione di Phoenix, che era stato rifiutato da diversi produttori norvegesi, ma volevo sapere se lui vi vedesse un qualche potenziale. Ci è voluto un po’ per ricevere il suo riscontro ma quando lo sentii mi disse che pensava fosse fantastico e originale, e mi chiese quando intendevo girarlo. Gli risposi che sfortunatamente nessuno in Norvegia aveva dimostrato interesse, quindi lui disse che mi avrebbe aiutato. E lo fece. È stato la guida artistica e il mentore di questo viaggio che, in tutto, ha impiegato 12 anni. Senza di lui Phoenix non ci sarebbe.
Quali erano i problemi secondo i produttori norvegesi?
Pensavano che fosse interessante e ben scritto ma non vedevano a quale fascia d’età potesse essere indirizzato o a quale genere appartenesse. Non sapevano come venderlo. È una sorta di ibrido, tra una fiaba e un dramma familiare, con una giusta dose di melodramma che non appartiene alla tradizione norvegese. Noi facciamo le cose “più fredde”, in maniera più sobria. David però mi ha aiutato a rendere la sceneggiatura più tagliente e forte, e alla fine Gudny Hummelvoll è salito a bordo come produttore. Io e Gudny quindi abbiamo collaborato alle faccende della parte norvegese.
Due attori famosi e di grande esperienza, Maria Bonnevie e Sverrir Gudnasson, interpretano i genitori. I figli hanno meno esperienza ma sono molto bravi. È stato difficile trovarli?
Non avevano mai recitato prima. Abbiamo provinato tanti bambini ma quando ho incontrato Ylva ho notato intuitivamente il modo in cui lei mi guardava: lì c’era qualcosa che risuonava. E la prima scena che abbiamo fatto mi ha davvero convinta. Lei è semplicemente una persona veramente espressiva. È curioso come, sia Ylva che Casper, che interpretano quei bambini sfortunati, provengano da famiglie molto solide. È stata una scelta fortunata: alla fine ci donano un grande senso di speranza.
“I bambini sono più forti degli uomini – resistono”, come dice Lillian Gish nel film La morte corre sul fiume, un’altra storia di due bambini che se la cavano da soli. Di sicuro, Jill e Bo resistono.
Amo La morte corre sul fiume. Ci ho pensato molto quando scrivevo questo film. Un altro film a cui ho pensato è stato Il labirinto del fauno [+leggi anche:
recensione
trailer
scheda film]. Phoenix è fortemente ispirato a entrambi.
(Tradotto dall'inglese da Gilda Dina)
Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere altri articoli direttamente nella tua casella di posta.