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Jota Linares • Regista

“In un primo piano ti giochi tutto”

di 

- Supportato dalla produttrice Beatriz Bodegas, Jota Linares debutta nel lungometraggio con Animales sin collar, con protagonisti Natalia de Molina, Ignacio Mateos e Daniel Grao

Jota Linares • Regista
(© Manolo Pavón/La Canica Films)

Dopo aver vinto il Goya del miglior film nel 2016 per La vendetta di un uomo tranquillo [+leggi anche:
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, debutto alla regia dell’attore Raúl Arévalo, la produttrice Beatriz Bodegas (La Canica Films) sponsorizza anche l’esordio nel lungometraggio di Jota (Javier) Linares (Cadice,1982): Animales sin collar [+leggi anche:
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, un thriller drammatico con Natalia de Molina, Ignacio Mateos e Daniel Grao nei ruoli principali, e che questo venerdì, 19 ottobre, approda nei cinema spagnoli con eOne.

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Cineuropa: Ha studiato cinema o è autodidatta?
Jota Linares:
Ho studiato Comunicazione audiovisiva a Malaga, ma questa è una professione autodidatta e abbiamo imparato a usare la videocamera con la pratica. Lì la mensa era come un vivaio sportivo: cominci a frequentare persone a cui piace quello che piace a te, così nel mio primo film hanno partecipato molti amici della facoltà.

E prima di questo lungometraggio, aveva girato delle pubblicità?
Sì, la mia generazione è quella della crisi, quella che esce dall'università nel 2008 e ci si ritrova improvvisamente dentro, senza essere in grado di articolare possibilità d'azione, perché non sapevamo che ciò potesse accadere. Ora che sono un professore di sceneggiatura, dico ai miei studenti: voi sapete che questo può accadere, ma noi non lo sapevamo ed è stato molto difficile. Quindi cominci a farti una vita come puoi: ho servito tante birre nei bar, ho piegato molte camicie nei negozi e ho lavorato pure alla Fnac, ma allo stesso tempo ero molto costante, senza dimenticare quello che volevo e come volevo farlo. È così che sono arrivati i cortometraggi, poi la pubblicità, giacché già sentivo di poter vivere pienamente come regista, e poi il teatro: una passione tremenda, una vocazione. E infine il cinema e un primo film...

Qui fa la sua comparsa Beatriz Bodegas. Come è successo per La vendetta…, senza di lei non ci sarebbe stato Animales sin collar?
E’ così: Bea è responsabile dell'esistenza di questo film e del cambiamento della mia vita; lei è una fata madrina e una maestra. Ho visto la sua passione per il cinema e voglio credere che abbia visto la stessa cosa in me: soprattutto, le piacque molto la sceneggiatura, questa storia la cui protagonista è una donna che impara ad essere forte.

L’accoppiata Bodegas-Linares si ripete nel suo nuovo film per Netflix. Ha terminato le riprese?
Sì, le abbiamo finite una settimana fa. È stata una gioia inanellare i progetti, viste le attuali circostanze dell'industria culturale: mi sento privilegiato e voglio davvero sfruttare l’opportunità che Beatriz mi ha dato di girare i due film di fila. Il nuovo è basato su una sceneggiatura scritta da me con il mio migliore amico, Paco Anaya, ed è una commedia drammatica generazionale: la storia di quattro amici che condividono un appartamento nella capitale della Spagna durante otto anni di università e ti mostra le ultime 24 ore di convivenza, quando lasciano l'appartamento e ognuno di loro intraprende un percorso diverso. Il titolo: ¿A quién te llevarías a una isla desierta? (lett. chi ti porteresti su un'isola deserta?).

Tornando a Animales sin collar, si è ispirato a Casa di bambola di Henrik Ibsen?
Sì, è un adattamento molto libero di quell’opera teatrale, che lessi da adolescente e mi ha segnato molto, per come in un modo molto semplice ti parlava della libertà e delle donne. Volevo adattarla al XXI secolo e alle elezioni regionali del 2015, con quel clima di speranza che si viveva: uscivi in strada e vedevi la gente piangere di gioia perché le cose stavano cambiando.

Al momento di girare la storia, perché ha deciso di utilizzare tanti primi piani?
Mi piace usare il primo piano perché lì ti giochi tutto: quando fai una ripresa così vicina a un attore, non può mentire, perché si vedrebbe chiaramente. E quando va bene, c'è magia: non vedi l'attore, ma il personaggio. Questo mi appassiona: c'è in Animales... una scena di lotta, tra due uomini, in cui la camera è così dentro che si possono vedere i pori della loro pelle. In quel momento il pubblico è coinvolto: il primo piano è un elemento che viene usato poco, ma è molto cinematografico e lo adoro. Perché in questo modo puoi vedere che questi personaggi si comportano come animali, bevono e si annusano come bestie: mi affascina rafforzare questa dualità uomo/animale e per un film come questo, così emerso dalle viscere, va molto bene. 

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(Tradotto dallo spagnolo)

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