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ARRAS 2018

Sven Taddicken • Regista di The Most Beautiful Couple

"Possiamo davvero dimenticare le cose brutte che ci hanno fatto?"

di 

- Il cineasta tedesco Sven Taddicken parla del suo thriller drammatico The Most Beautiful Couple, svelato a Toronto e proiettato ad Arras

Sven Taddicken  • Regista di The Most Beautiful Couple
(© Lea Rener/Arras Film Festival)

Rivelatosi in concorso a Rotterdam nel 2001 con My Brother the Vampire prima di firmare Emma's Bliss [+leggi anche:
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(in competizione a Karlovy Vary nel 2016), il regista tedesco Sven Taddicken si è immerso con The Most Beautiful Couple [+leggi anche:
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in un thriller drammatico sulle conseguenze di uno stupro, tra desiderio di oblio e di vendetta. Scoperto a Toronto, il film è stato proiettato in concorso al 19° Arras Film Festival.

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Cineuropa: Come è nata l’idea di The Most Beautiful Couple?
Sven Taddicken
: Due idee principali mi hanno portato alla sceneggiatura. La prima è il peggior incubo che avevo sulla mia compagna e me: essere costretto ad assistere al suo stupro durante la nostra vacanza. Questo pensiero orrendo mi perseguitava. Poi è arrivata l'idea che ha permesso alla storia di continuare: uno dei due membri della coppia incontra di nuovo lo stupratore. E lì, bisogna decidere: avvicinarsi o tenerlo a distanza? Vendetta o perdono? E come gestiamo queste domande? E’ la prima volta che affrontavo una sceneggiatura che non era un adattamento o un lavoro con un co-sceneggiatore, e ho scritto la prima versione della sceneggiatura abbastanza rapidamente, ma mi ci sono voluti anni per finirla perché avevo dubbi sul finale. Ho anche svolto ricerche presso un'organizzazione di Berlino che si occupa di vittime di violenza sessuale e, con mia sorpresa, molti dei miei amici che sapevano che stavo lavorando su questo argomento sono venuti a raccontarmi storie molto personali, nessuna delle quali così drastica come quella del film, ma che mostrano bene come situazioni fuori dall'ordinario, potenzialmente pericolose, e le violenze sessuali siano presenti.

La struttura narrativa è piuttosto insolita con il dramma della violenza nel prologo, un breve passaggio due anni più tardi e, senza conoscere ancora realmente la coppia, il nuovo incontro e la rapida caccia al violentatore. Il vero cuore del film, quello che le interessava, era piuttosto il seguito?
Volevo concentrarmi sulla relazione della coppia e su come affrontano le rispettive azioni. Come lei reagisce quando lui rintraccia lo stupratore o cerca di fare qualcosa, ma potrebbe non farlo nel modo migliore. E come lui reagisce alla decisione di lei di non fare nulla. Queste sono le scene che mi interessavano di più. Si sono fatti tanti film, soprattutto a partire dagli anni '70, sullo stupro e la vendetta, ma non avevo mai visto un film incentrato su persone che decidono di continuare la loro vita, superando il trauma. Ma è sostenibile? Possiamo davvero dimenticare le cose brutte che ci hanno fatto? Tutto passa attraverso la relazione perché la coppia si confronterà con molte possibilità: il perdono, la denuncia, la vendetta diretta o indiretta, sfuggire alla situazione, ecc.

Nella coppia, ognuno digerisce l’evento traumatico iniziale in modo completamente differente.
Quello che mi piaceva nella dinamica è che lei ha vissuto un evento molto più disturbante di lui e ha molte più cicatrici da curare, ma è lui che ha più difficoltà a gestirlo. Era un modo interessante per affrontare la mascolinità tossica perché è lui a dare al tutto una dimensione ancora più importante e fa molti errori: decide di seguire lo stupratore, di entrare per effrazione nel suo appartamento, di non andare alla polizia. Si coinvolge sempre di più, passo dopo passo, e nel peggiore dei modi, dimostrando di non essere in grado di affrontare questa storia. E c'è anche, sullo sfondo, la domanda se meritiamo amore anche quando non siamo in grado di proteggere il nostro partner da qualcosa di molto brutto che succede.

Perché ha deciso di dare al film un ritmo da thriller?
In scrittura, mi permetteva di raccontare un dramma dandogli un motore per far avanzare la trama. Ma ho girato molto materiale di tipo thriller che alla fine ho lasciato fuori dal montaggio perché ho capito che il cuore del film era la coppia e la strana situazione in cui precipita essendo costretta a rivivere il trauma.

Ha scelto di girare con un solo obiettivo. Perché?
L'idea è venuta alla direttrice della fotografia Daniela Knapp. Aveva sempre voluto provarci perché Bergman lo ha fatto in alcuni film, anche Fassbinder. Ho pensato che fosse una buona idea per questo film in particolare perché volevo che fosse percepito come una storia vera, che potesse accadere in quel modo. L'obiettivo che abbiamo scelto corrisponde esattamente al raggio dell'occhio umano, quindi l’idea era anche vedere il mondo così com'è.

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(Tradotto dal francese)

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