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CANNES 2019 Quinzaine des Réalisateurs

Benoît Forgeard • Regista di Tutti pazzi per Yves

"L'umorismo che interessa a me è di tipo interrogativo, critico, satirico"

di 

- CANNES 2019: Il cineasta francese Benoît Forgeard parla di Tutti pazzi per Yves, la sua folle commedia sull'intelligenza artificiale, che ha chiuso la Quinzaine des Réalisateurs di Cannes

Benoît Forgeard • Regista di Tutti pazzi per Yves
(© Philippe Lebruman)

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, presentato nel programma dell'ACID di Cannes nel 2015, il cineasta francese Benoît Forgeard torna sulla Croisette con Tutti pazzi per Yves [+leggi anche:
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, in chiusura della 51ma Quinzaine des Réalisateurs del 72° Festival di Cannes.

Cineuropa: Come nasce l’idea di Yves, questo frigorifero intelligente che è al centro del suo film?
Benoît Forgeard: Spesso scrivo in due righe trame di film improbabili, in teoria complicati da realizzare, come per esempio quella di un frigo che aiuta un rapper a diventare famoso. Ispirato da questo passaggio, ho deciso di fare un film con l’idea di creare qualcosa di intenso, e non semplicemente un progetto modesto. Il caso vuole che allo stesso tempo, mentre lavoravo a quest’idea, il progresso della scienza e della tecnica ha fatto sì che alcuni oggetti inanimati si siano messi a diventare intelligenti e a esprimersi, come gli speaker di Google. Quindi, ho trovato una realtà concreta su cui basare questa storia.

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Ha fatto numerose ricerche sull’argomento?
La scienza in generale, e l’intelligenza artificiale in particolare, mi interessano molto. Non ho fatto alcun tirocinio nella Silicon Valley, e lascio comunque una parte di ignoranza. Ma ero almeno a conoscenza del funzionamento del deep learning. So che adesso le intelligenze artificiali lavorano seguendo questa tecnica, accumulando i dati, facendo diagnosi e traendo le loro conclusioni.

Perché un rapper messo di fronte a questo frigo?
L’idea di partenza era quella di avere un artista, perché quello che mi interessa è il modo in cui l’intelligenza artificiale si inserisce nel campo artistico. All’inizio si trattava di un musicista, ma mi sono reso conto che il rap era eccezionale perché da un lato rappresenta la musica popolare dei nostri tempi e ha invaso tutti i generi musicali, e dall’altro perché nella figura del rapper c’è un qualcosa di virile, e certamente è presente la paura di perdere questa virilità. Era quindi interessante mettere di fronte a questo frigo un modello d’uomo che ha timore per la sua sopravvivenza.

L’intelligenza artificiale rappresenta al tempo stesso la seduzione e l’angoscia?
È il rischio politico e filosofico della nostra epoca. Sarà difficile sfuggire a questo tipo di oggetti, non esserne sedotti e in questo rapporto di forza di fronte alla macchina, riuscire a mantenere una certa libertà e indipendenza. Tra le dimostrazioni più comuni c’è quella della diagnosi medica: se, ad esempio, uno spazzolino da denti dotato di intelligenza artificiale, dopo averci analizzato la saliva, ci dice che stiamo covando una malattia, ci risulterà difficile ignorare l’informazione. In questo modo, ci si ritrova in uno stato di dipendenza che ha qualcosa di molto affascinante.

E allora perché realizzare una commedia su un argomento così impegnativo? E fino a dove arrivare?
La commedia è la mia forma di espressione, perché mi piace e perché penso che sia un modo elegante per approcciarsi al mondo. Possiamo parlare di argomenti seri, e farlo con leggerezza. Invece, l’umorismo che mi interessa è un umorismo ricco di domande, critico, satirico e anche qualcosa che si avvicina alla verità.

Come ha elaborato l’aspetto visivo del frigo?
Volevo che il film fosse credibile, quindi c’era bisogno di curare lo stile della forma del frigo. E volevo che il frigo fosse un oggetto vivente durante le riprese; in altre parole era interpretato e diretto da un attore, il quale si trovava dentro una cabina isolata e che faceva sì che, a ogni ripresa, il frigo recitasse in modo diverso. Per far questo, era necessaria una reale complessità tecnica.

La fotografia è molto particolare, con, in alcune scene, una colorimetria molto minuziosa.
Da diversi anni lavoro sull’immagine con lo stesso capo operatore e lo stesso tecnico; l’immagine è lavorata in post-produzione. Nel film si parte da una base piuttosto realista, come la casa della nonna dove arriva questo frigo, e poi, ci sono delle scene in cui, tutto a un tratto, ci si abbandona a molta più espressività.

Il culto del progresso è il tema principale del film?
No, anzi l’argomento è l’intelligenza artificiale che conduce all’ottimizzazione, al miglioramento di se stessi. L’intelligenza artificiale non rappresenta più solo un qualcosa che esiste per essere al nostro servizio, ma è anche qualcosa che anticipa i nostri bisogni, che ci consiglia, che cerca di migliorarci, di cambiarci, di fare di noi delle persone migliori.

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(Tradotto dal francese da Laura Pacini)

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