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Adolf El Assal • Regista di Sawah

"Ho la fortuna di poter raccontare situazioni divertenti partendo da mie esperienze personali e di mostrare un altro lato del Lussemburgo"

di 

- Il regista lussemburghese di origine egiziana Adolf El Assal ci parla del suo ultimo film Sawah, del suo percorso, delle sue influenze e dei suoi progetti

Adolf El Assal • Regista di Sawah
(© Ted Kayumba)

Cineuropa ha incontrato il cineasta lussemburghese Adolf El Assal, che ha presentato di recente la sua nuova commedia Sawah [+leggi anche:
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, testimonianza della sua storia personale, primo capitolo di una trilogia semi-biografica.

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, la sua prima pellicola ufficiale (successiva a due titoli autoprodotti), l’ha presentata al grande pubblico lussemburghese nel 2012. Ma ha deciso di estendere questa uscita nazionale lavorando con Dailymotion. Potrebbe parlarci di questa iniziativa?
Adolf El Assal: Con questo film, il mio scopo era quello di farmi conoscere localmente ma anche di oltrepassare le frontiere, il che non è così facile. Speravo che questa commedia, munita di un cast interessante (con il rapper e comico Orelsan) potesse permettermi di raggiungere un pubblico francofono più esteso, eppure non ho ricevuto richieste stimolanti da parte di distributori francesi o belgi. È per questo motivo che ho deciso di interrompere il mio rapporto lavorativo con il mio agente canadese e di prendere le redini della situazione. Mi sono detto che avrei potuto distribuire il film in Francia io stesso, utilizzando le nuove tecnologie facilmente disponibili su internet. A quel tempo, il VoD non era abbastanza consolidato e l’impatto non sarebbe stato così grande come oggi. In Francia i giornalisti mi prendevano per un kamikaze…

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La commedia sembra essere il suo genere prediletto…
È il genere più complicato da gestire. Inoltre, si dice spesso di come il messaggio delle commedie non riesca a essere ben trasmesso e quanto sia complicato fare ridere il pubblico al di fuori dei suoi confini. Però è proprio questa la sfida che mi ha motivato e tramite cui tento di trovare la mia voce. Figlio della generazione X e cresciuto nel Lussemburgo, le mie influenze erano molto diverse, provenivano dal mondo anglofono, francofono, tedescofono e arabo. È per questo motivo che mi reputo capace di adattarmi. Sono fortunato nel poter raccontare aneddoti esilaranti, di mie esperienze di vita vissuta, e mostrare un’altra faccia del Lussemburgo.

In cosa il soggetto di Sawah, la sua ultima pellicola, fa eco al suo percorso?
In Sawah, ho voluto raccontare come sono arrivato per “errore” nel Lussemburgo con i miei genitori. Quando avevo tra i 6 e i 7 anni, i miei genitori, che all’epoca abitavano negli Emirati Arabi, stavano facendo un viaggio durante le vacanze estive in Europa e una delle loro destinazioni era Bruxelles. Il loro treno si fermò a Luxembourg-Ville e si convinsero che quello fosse il loro capolinea. Così scesero. Fu così, totalmente per caso, che scoprirono un piccolo paese di cui non avevano mai sentito parlare! Ed è in questo modo che è diventato la nostra nuova casa. In questo medesimo modo arriva il personaggio di Samir in Sawah. Inoltre, il film stesso si basa sull’80% delle situazioni realmente accadutemi, in un Lussemburgo in crescita.

Io stesso sono stato un DJ e ho avuto anche problemi di documenti simili. Ho avuto a che fare anche con situazioni molto esilaranti con altri viaggiatori. Alla fine, però, ciò che mi sta più a cuore, è l’amore per il mio “paese ospitante”, il Lussemburgo.

Nel 2015, ha fondato la sua casa di produzione, Wady Films, in Lussemburgo. Ha dichiarato così di volersi concentrare su soggetti cinematografici di “portata sociale” e dare una voce a personaggi sottovalutati nel cinema contemporaneo. Potrebbe parlarcene?
Il nostro scopo con Wady Films è di produrre film di ogni genere con storie e cineasti provenienti da paesi poco rappresentati nel cinema attuale. Con i miei soci, anche loro immigrati, abbiamo cercato dei soggetti che potessero toccarci e nei quali ci ritrovassimo. È per questo motivo che abbiamo provato ad avere una linea editoriale abbastanza precisa che consistesse nel produrre delle opere con un’eco internazionale da poter esportare. Abbiamo appena finito di produrre, infatti, una pellicola sci-fi per famiglie, My Grandpa is an Alien [+leggi anche:
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, montata principalmente in associazione con paesi dell’est, una primissima esperienza per il Lussemburgo. Un altro progetto della stessa natura è un documentario realizzato da un cineasta originario di Mauritius sul gruppo etnico dei Chagossiani.

Quali sono i suoi progetti futuri? Che peso ha la coproduzione, secondo lei, sopratutto nell’area francofona?
Al momento, sono in piena stesura, con il mio co-sceneggiatore canadese Dennis Foon, del mio nuovo lungometraggio Hooped, per il quale il Film Fund Luxembourg mi ha accordato un aiuto in scrittura. Si tratta di una coproduzione tra Lussemburgo, Canada ed Egitto. Il mio scopo è di realizzare una trilogia in tre parti sulla mia esperienza di egiziano cresciuto in Lussemburgo. Sawah racconta come io sono arrivato nel Gran Ducato e la mia passione per la musica. Hooped sarà la storia di un giovane migrante che cerca il sogno americano. Per l’ultimo capitolo della trilogia, vorrei raccontare la storia che mi sta più a cuore, ma per saperne di più… dovrete aspettare un po’. Peraltro, la coproduzione mi sembra fondamentale soprattutto a livello europeo e/o francofono. In Lussemburgo, abbiamo la grande fortuna di poter contare sul supporto del Film Fund, ma è chiaro che la collaborazione con altri paesi esteri apre un ventaglio di nuove prospettive.

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(Tradotto dal francese da Carlotta Cutrale)

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