Alejandro Amenábar • Regista di Mientras dure la guerra
"Cambiare idea ci rende umani"
- Alejandro Amenábar torna al cinema storico con Mientras dure la guerra, dove ricostruisce un momento politico cruciale della storia della Spagna nel XX secolo
Alejandro Amenábar (Santiago del Cile, 1972) torna al cinema storico con Mientras dure la guerra [+leggi anche:
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intervista: Alejandro Amenábar
scheda film], dove ricrea lo scontro dello scrittore e filosofo Miguel de Unamuno con i militari di Franco, a Salamanca. Abbiamo parlato con il musicista e cineasta durante il 67° Festival di San Sebastián.
Cineuropa: Come si è avvicinato alla figura di Unamuno, il personaggio centrale del suo film?
Alejandro Amenábar: Quello che è successo era qualcosa che non sapevo e sono rimasto sorpreso perché, come tutta la mia generazione, avevo studiato Unamuno all'università. Quindi ho iniziato a indagare e ho conosciuto l’intera posizione di Unamuno, dal colpo di stato fino al giorno del discorso al Paraninfo, e mi è sembrato un arco drammatico incredibile: qualcuno che è stato padre della Repubblica si ribella contro di essa, inizialmente sostiene il golpe, poi prova a parlare con Franco per evitare l'irrazionalità della guerra e alla fine è così disincantato che finisce per esplodere. Tutto ciò era una bella storia.
Ma cambiare idea... è dei saggi o dei deboli?
Cambiare idea ci rende umani e ci fa imparare. Nel momento in cui sei soggetto a dubbi e a recepire ciò che l'altro dice, questo incoraggia l’incontro e il successo nella società: con la persona che parla e, naturalmente, difende le sue idee, ma è disposta a imparare da quelle di un altro. Le persone che non si spostano dal loro piedistallo e non cambiano, c'è poco da parlare con loro, perché non è possibile connettersi.
In qualche modo, ha sempre cercato di far riflettere con il suo cinema, come ha già fatto con Ágora [+leggi anche:
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scheda film]?
Penso di sì. Sto facendo un esame di coscienza e ricordo che quando iniziai alla Facoltà, consideravo il cinema in modo molto mercenario: volevo fare qualsiasi cosa avesse a che fare con il mondo dell'audiovisivo e basta. Tesis, del 1995, nasce in un’epoca in cui nella televisione generalista c'era molto reality, con storie di crimini come quello di Alcácer: era molto presente nel film. E così in quasi tutti, anche in Regresión [+leggi anche:
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intervista: Alejandro Amenábar
scheda film], dove si parla di come creiamo i nostri demoni e come questo può rendere fanatiche molte persone. E Ágora, ovviamente, sui cicli storici che si ripetono, con la ragione contro la violenza: questo c’è anche qui, in Mientras dure la guerra. O magari si scoprirà che sono un Pepito Grillo e non lo sapevo.
A livello di produzione, questo ultimo film è stato complicato come Ágora?
Non c'è grande differenza. Sento che quando guidi una nave più grande hai più marinai a cui delegare, ma la nave la gestisci tu. Il cambiamento sostanziale in Mientras... – il film che ho girato in assoluta libertà, incluso quella di coscienza – è che non giravo in spagnolo da 15 anni, quindi ho potuto esprimere le mie idee più velocemente, ma alla fine è lo stesso.
È tornato a comporre la colonna sonora. Perché?
In Ágora e Regresión c'erano altri musicisti, perché volevo aprirmi ad altre prospettive e sensibilità, e ho imparato molto da loro. In questo caso ho pensato che se non mi fossi buttato, probabilmente sarei stato pigro per il resto della mia carriera nello scrivere musica. Da un altro lato, avevo il film e la musica così interiorizzati nella mia testa che ho deciso di togliermeli mettendomi alla tastiera. Comporre la musica consente al film di avere una certa unità: è un elemento in più che sento mio.
È la nostra storia recente, del secolo scorso, che viene raccontata nel suo film... Pensa che sia altrettanto interessante fuori dalla Spagna?
Qualche giorno fa, quando abbiamo mostrato il film al Festival di Toronto, avevamo il pubblico ideale per fare questo test: un giovane paese come il Canada, anglosassone e al quale questa trama potrebbe sembrare una galassia molto lontana, di un tempo lontano. Penso che abbiano capito abbastanza bene il film, ma è vero che c'è qualcosa che ha a che fare con l'identità della pellicola: come incoraggia o costringe gli spettatori a confrontarsi con la propria identità. Questo può essere percepito in tutta la sua grandezza solo in Spagna: quegli aerei con la bandiera che riempie lo schermo non hanno lo stesso significato in un altro paese come qui, dove c'è così tanto conflitto con i nostri simboli.
(Tradotto dallo spagnolo)