BLACK NIGHTS 2019 Concorso Opere prime
Jurgis Matulevičius • Regista di Isaac
"Mi piace creare il mio mondo, un mondo di cui solo io conosco le regole"
di Marta Bałaga
- Cineuropa ha parlato con il regista lituano Jurgis Matulevičius del suo primo lungometraggio, Isaac, selezionato al Concorso Opere prime del Black Nights de Tallinn
Presentato al Tallinn Black Nights Film Festival, nel Concorso Opere prime, Isaac [+leggi anche:
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scheda film] di Jurgis Matulevičius, sebbene girato, per la maggior parte, in uno splendido bianco e nero, e sul tema del senso di colpa postbellico, non è semplicemente un altro Ida [+leggi anche:
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intervista: Pawel Pawlikowski
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scheda film]. Il film ruota attorno al famigerato massacro del garage di Lietūkis e riserva molte sorprese. Abbiamo parlato con il regista per saperne di più.
Cineuropa: Isaac è basato su un racconto di Antanas Škėma, ed è in realtà il primo adattamento del suo lavoro. Cosa le ha fatto venire voglia di farlo?
Jurgis Matulevičius: Per me ci sono pochi scrittori lituani bravi; Škėma è uno di questi. Mi ricorda la Beat Generation, in particolare William S. Burroughs. C'è questo aspetto surreale, nichilista e poetico nel suo lavoro, e la struttura dei suoi romanzi era molto moderna. Scrisse di questo massacro del 1941 e, successivamente, sono andato negli archivi del KGB e ho cominciato a leggerne di più. È stato scioccante scoprire tutte queste cose che la guerra fa fare, come si inizia a uccidere il proprio vicino, in pratica. Nel mio film, volevo parlare del mondo postbellico, in cui la gente viveva nella paura e nell'angoscia. Quest'uomo uccide il suo vicino ebreo all'inizio, ma questo fardello diventa sempre più pesante. Sta cercando di fare pace con ciò che ha fatto, con Isaac, con se stesso, ma sembra impossibile riuscirci. Škėma ha scritto questa storia come un diario di un ospedale psichiatrico, ma alla fine, nel mio film, è diventato più una detective story, ambientata negli anni '60.
Lei fornisce un po' di background storico all'inizio, aggiungendo che "diversi lituani hanno preso parte al massacro". Questa può essere vista come un'affermazione controversa, secondo lei?
Molti altri paesi erano nella stessa situazione. Dagli anni '40 eravamo parte dell'Unione Sovietica. I nazisti arrivarono nel 1941, offrendo queste idee di indipendenza e libertà. Le persone credevano davvero nella loro propaganda; credevano che avremmo recuperato la nostra indipendenza semplicemente seguendo i loro ordini. A poco a poco, alcuni lituani che collaboravano con i nazisti li aiutarono a sterminare gli ebrei. Ma il mio personaggio principale pensava che il suo vicino avesse parlato di lui, ed è per questo che è stato portato in prigione. Ecco perché ha reagito in questo modo, non perché Isaac fosse ebreo. Era spinto dalla rabbia e ha finito per uccidere un uomo. È frutto della sua codardia, dopo essersi trovato nel posto sbagliato nel momento sbagliato. Più tardi, è ossessionato da questa immagine, questa colpa, ma non c'è modo di tornare indietro.
Questa colpa si manifesta in modi sgradevoli, specialmente quando è con sua moglie. Il trauma è un tema complesso e ognuno reagisce in modo diverso. È ciò che mostra nel film.
Volevo mostrare la sua solitudine, quel genere che porta alla paranoia e alla follia. Si portava dietro questo segreto da molto tempo e non lo diceva a nessuno, nemmeno a sua moglie. Forse è per questo che non riescono a connettersi. Non c'è modo per lui di dimenticare questo omicidio, quindi – tenendosi passivamente tutto dentro – il suo trauma si stratifica nel tempo. Reagisce solo quando pensa che il suo amico stia cercando di rubare la sua donna, quando c'è in gioco questo senso primordiale di "proprietà". Ma vive nella costante paura di ciò che accadrà quando tutti lo scopriranno. L'arrivo del suo amico, il regista, è il primo segnale di pericolo. Dopo tutto, sta girando un film su questi eventi.
L'idea del film dentro il film le permette di guardare al passato da un'altra prospettiva. Come quando il regista, di fronte a una comparsa scioccata, chiede a un certo punto: “Stiamo filmando la storia. La storia è indecente?".
Penso che ogni paese abbia capitoli indecenti e persone indecenti nella propria storia; non ci sono eccezioni. Non ho provato a fare un dramma storico qui, né a dire a tutti la verità su come sia stato davvero. È finzione. In tutti i miei cortometraggi, mi piaceva creare il mio mondo, un mondo di cui io solo conoscessi le regole. Qui, spero che tutti possano riconoscersi in quella situazione. Molto spesso, vogliamo tornare al passato e cambiarlo. Sappiamo che non è possibile, ma questa illusione ci aiuta a vivere nel presente, e magari a non ripetere lo stesso errore.
(Tradotto dall'inglese)