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SOLETTA 2020

Anita Hugi • Direttrice artistica, Giornate di Soletta

"Non bisogna essere convenzionali per avere successo"

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- Abbiamo parlato con la direttrice artistica delle Giornate di Soletta, Anita Hugi, dei punti forti di una manifestazione indispensabile per il cinema svizzero

Anita Hugi • Direttrice artistica, Giornate di Soletta

A pochi giorni dall’inizio delle Giornate di Soletta (22-29 gennaio), la sua carismatica direttrice Anita Hugi ci ha parlato del suo primo anno alla guida del festival, dei suoi sogni e dei punti di forza della nuova generazione del cinema svizzero.

Cineuropa: Come affronta la sua prima edizione alla guida delle Giornate di Soletta?
Anita Hugi:
Non volevo cambiare tutto solo per far capire a tutti che c'era una nuova direttrice artistica. Per me era importante conoscere bene la materia e poi farla evolvere. Detto questo, uno dei "punti forti" che volevo mettere in evidenza riguarda il pubblico. È importante che le persone si incontrino, che generazioni, regioni linguistiche, approcci e generi diversi si incontrino. Uno dei motivi che mi ha spinto a candidarmi è che Soletta propone tutti i generi cinematografici: finzione, documentario, animazione, video musicali, nuove scritture. È con questo spirito che abbiamo deciso di creare la prima festa delle scuole di cinema svizzere, una festa per le nuove leve di HEAD (Ginevra), ECAL (Losanna), ZHdK (Zurigo) e HSLU (Lucerna). Volevo invitare persone che, forse, non erano ancora venute a Soletta, giovani da ogni parte della Svizzera per festeggiare, andare al cinema, incontrarsi. Anche il posto delle donne è molto importante per me. Sono molto felice che si parli sempre di più della questione della parità di genere nella creazione di oggi. Allo stesso tempo, penso che la storia del cinema, anche quella del cinema svizzero, sia stata fortemente segnata da celebri sconosciute. Per questo motivo organizziamo un omaggio a tre donne pioniere nella Svizzera romanda: Patricia Moraz, Christine Pascal e Paule Muret. Vogliamo davvero evidenziare questa magnifica storia di collaborazione tra donne. Inoltre, chiameremo la gente all'azione attraverso un workshop durante il quale creeremo insieme i file di Wikipedia dedicati alle registe. In generale su Wikipedia l'80% delle voci è dedicato agli uomini, e il cinema non fa eccezione alla regola. È bello vedere che nei film fino a 59 minuti presenti a Soletta abbiamo una parità registi/registe.

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Le "opere prime" sono al centro di questa 55ma edizione. Che posto dà ai giovani talenti?
Amo il cinema audace, il cinema che evidenzia la ricerca formale. Nelle opere prime c'è spesso questo impegno, il fatto di essere pienamente nella creazione, la volontà di esprimersi, di provare le cose. Un primo film deve avere le stesse possibilità e la stessa visibilità nelle sezioni competitive di qualsiasi altro film. Tra i lungometraggi, ci sono 21 opere prime, è qualcosa di magnifico. Nell’Upcoming lab, che propone una sorta di coaching personalizzato, selezioniamo i progetti che ci sono stati sottoposti precedentemente. Sono progetti molto innovativi, sorprendenti e poetici. Non so quali siano i luoghi comuni legati al cinema svizzero, ma ho sempre sperato che potesse essere visto come un cinema un po' folle, diverso, eccentrico. Soletta lotta perché i registi/registe abbiano buone condizioni per fare film diversi. Penso che Soletta sia un luogo di incontro ma anche di lotta per il cinema svizzero, per condizioni di lavoro giuste che incoraggino la ricerca. È tutta una questione di tempo e quindi di denaro.

Come vede il futuro del cinema svizzero? Punti di forza e di debolezza?
Oggi il cinema svizzero non può viaggiare davvero. Ciò è diventato difficile da quando la Svizzera non partecipa più al programma Media. Quest'anno ho voluto invitare ospiti internazionali. Vorrei che venissero a vedere il cinema svizzero in modo che i film possano viaggiare pur restando a Soletta. Ora la Svizzera è un paese terzo, non facciamo più parte di molti scambi e pertanto sono necessarie nuove strategie. Se guardiamo ad esempio nella Svizzera romanda, le strategie si basano sulla coproduzione. Se si coproduce, significa anche che il film viaggia. Anche l'apertura alle partnership è una buona strategia. Per quanto riguarda i punti di forza, penso all'innovazione artistica, penso che siamo un po' pazzi, non convenzionali. Agli svizzeri non piace fare cinema solo per il botteghino. Vedo che è pronta una nuova generazione, che mi dà molta speranza, di giovani registi e registe che sono cineasti veri, che vogliono fare cinema in un modo molto originale, singolare e personale. Non bisogna essere convenzionali per avere successo. In questo momento le Giornate di Soletta sono abitate da molte menti creative.

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(Tradotto dal francese)

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